
L'imbarazzo del Pd, scontro tra ulivisti ed estremisti

Ha seguito la vicenda del nuovo contratto per Pomigliano e per Mirafiori, mettendo in atto un virtuosistico gioco di equilibrismo e facendo emergere tutte le sue contradittorie anime. Per il Pd, stretto tra l'estremismo di Vendola e l'insofferenza dei moderati ulivisti, la vicenda Fiat è un'altra dura prova che peserà anche sulla direzione del 13 gennaio. Vincenzo Vita, esponente della Sinistra del partito non ha dubbi su come deve schierarsi il suo partito: «Quello di Mirafiori è un pessimo accordo che mette ai margini la Fiom la cui importanza storica e attuale è forte e solo una discriminazione politica può mettere alla porta». Ma anche Stefano Fassina, che del partito è responsabile economico e quindi dovrebbe essere più cauto, esprime un giudizio nettamente negativo: «L'accordo di Mirafiori e Pomigliano non è accettabile, serve una intesa quadro tra le parti sociali e poi una legge quadro perché non si può negare rappresentanza a una parte dei lavoratori». Diverso il tono di Piero Fassino che invita i lavoratori a votare sì al referendum. «Se non venisse approvato, a pagare sarebbero solo i lavoratori perché l'azienda trasferirebbe altrove le proprie produzioni». L'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano se la cava dicendo che bisogna «distinguere i punti relativi alla competitività e alla organizzazione del lavoro, da quelli della rappresentanza sindacale e del diritto di sciopero» ma comunque è «inaccettabile la possibilità di avere rappresentanti sindacali sul lavoro soltanto se si è firmatari dell'accordo». Un distinguo che gli attira addosso le critiche dell'ex sindaco di Bologna Cofferati: «gli accordi sindacali non si tagliano a fette come i cocomeri». Ma il responsabile welfare, l'ex popolare Beppe Fioroni, chiede «coraggio: conservare significa recedere e perdere tutto». E l'ex segretario Cisl Franco Marini afferma che avrebbe firmato l'accordo, ma giudica un problema che la Fiom sia esclusa dall'accordo.
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