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Un'agenzia speciale per l'internazionalizzazione delle piccole imprese romane gestita dalla Camera di Commercio

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Unamaggiore patrimonalizzazione, anche con nuovi strumenti finanziari, come la valorizzazione dei marchi e dei brevetti aziendali. E un bonus fiscale che premi chi ha già innovato nella propria azienda. «Sono tre interventi concreti che la piccola impresa chiede alle istituzioni e che servono a contrastare la crisi e far decollare il tessuto delle aziende eccellenti di Roma» spiega a Il Tempo, Stefano Zapponini, presidente del comitato piccola industria dell'Unione industriali di Roma e presidente e ad della Guida Monaci. Da sole le imprese romane non riescono andare all'estero? «Quelle piccole non ce la fanno con le loro sole gambe. Servono dei supporti. E l'istituzione che in questo momento ha la maggiore vocazione per darli è la Camera di Commercio. Se non direttamente anche attraverso un agenzia speciale creata ad hoc sul modello della Promos dell'ente camerale di Milano. Ma la Roma delle eccellenze esiste? «Assolutamente sì. Il nostro territorio presenta una situazione in cui il loro sviluppo è favorito. Il 93% degli imprenditori è piccolo e la restante parte è fatta dalle medio-grandi. Una situazione che ha sviluppato la logica di filiera e una partnership ideale tra tutti gli attori economici». Qualche esempio? «Nell'Ic&T la Ised e la Cosmic blue team, nell'alimentare Gentilini e Pallini, nell'arredamento Pizzetti e Ora acciao, nell'editoria Gangemi, tante dell'audiovisivo che ruotano attorno al distretto di Cinecittà, Focalia e Costem nelle tecnologie per l'ambiente». Cosa manca di più alle imprese piccole? «Le risorse per patrimonializzare le aziende e per innovare». Partiamo dal patrimonio «Manca la cultura da merchant bank nel nostro sistema creditizio. È più facile che ti segua un fondo di investimento che un istituto di credito. Sarebbe meglio fare gli investimenti, come logica vuole, con il debito piuttosto che con chi guarda prevalentemente l'aspetto speculativo. Le banche si dovrebbero sedere accanto a noi, cioè accompagnarci nella crescita, e non di fronte. Cosa che stiamo facendo all'Unione Industriali di Roma. Ha una soluzione? «Chi ha un marchio forte e conosciuto lo faccia valutare e inserisca questo valore nel suo patrimonio» Non è semplice «È una questione di cultura. Un'azienda manifatturiera alla fine dell'anno ha in bilancio le scorte di magazzino. Un valore che non esiste nelle contabilità delle aziende di servizi. Che tra l'altro sono il 70% dell'economia romana. È il momento di dare valore a quelli che sono chiamati asset intangibili». È solo un'idea o già funziona? «Gli industriali di Roma stano sperimentando, insieme al ministero dello Sviluppo Economico e a una serie di aziende, il sistema di valutazione dei marchi. È necessario che l'Agenzia delle Entrate faccia la sua parte dal punto di vista fiscale». Passiamo all'innovazione. I fondi non bastano? «Si deve partire da un'altra considerazione. Per le risorse che ci sono vanno cambiati i criteri di distribuzione. Nel senso di premiare fiscalmente le aziende eccellenti e dunque vanno assegnate risorse non a chi deve innovare ma a chi già lo ha fatto. Sarebbe un primo segnale concreto di meritocrazia». Quali indicatori andrebbero utilizzati? «Se ne possono utilizzare diversi. Per esempio il collegamento con i centri di ricerca universitaria nella fase innovativa. E ancora il numero di profili professionali assunti o le ore di consulenza acquistate nel processo di cambiamento». È una soluzione praticabile? «Sì. Ma difficile da realizzare. Si farebbe troppa selezione e questo non crea consenso. Però il momento di crisi è eccezionale e servono risposte eccezionali. Questo ancora non è stato pienamente compreso». In che senso? «Penso al lavoro. Molti manager sono stati espulsi dalla grande impresa. Potrebbero dare un grande contributo alla piccola adattandosi alla diversa realtà. Abbiamo chiesto meno rigidità al sindacato dei dirigenti in termini contrattuali e siamo convinti di una loro risposta positiva, in modo tale che il prezioso capitale umano e professionale non venga disperso».

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