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Made in Italy sotto scacco, l'industria frena

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Produzione in calo dello 0,9%. Tessile e calzature non reggono alla concorrenza dei cinesi

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La flessione registrata da alcuni settori tipici del made in Italy: tessile e pelletteria in prima linea hanno portato già, a ottobre, la produzione industriale. In discesa secondo l'Istat, l'Istituto nazionale di statistica, dello 0,9% rispetto a settembre e del 2,7% nel raffronto con l'ottobre dello scorso anno. I sindacati se la sono presa con con l'inefficacia della politica economica del governo. Che come responsabili del calo produttivo ha individuato con il sottosegretario al welfare, Maurizio Sacconi, la presidenza Ue di Romano Prodi. E con Adolfo Urso, viceministro delle attività produttive, la concorrenza sleale nei settori chiave del manifatturiero italiano. E così sembra essere se, dalla rilevazione dell'Istat, emerge che a soffrire di più anche a ottobre siano stati il tessile e la pelletteria. Il primo ha segnato un calo del 10,6% rispetto all'anno precedente e dell'1,1% su base mensile. Male è andata anche a un altre cavallo di battaglia dello stile italiano. Quello delle pelli e delle calzature che ha registrato cali del 4,9% annuo e del 2,9% mensile. A condividere i risultati poco brillanti ci si sono messi anche il settore dei mobili (-0,4% su mese e -0,7% su anno) e comparti non relativi a beni di consumo ma storicamente forti come le macchine e apparecchi meccanici, in flessione dell'1,4% rispetto a settembre e dell'1,5% su ottobre 2004. Per ora a salvare il comparto meccanico è la Fiat. Il segnale positivo arriva, infatti, dalle automobili, settore nel quale, secondo i ricercatori di via Balbo, «la variazione negativa sta molto restringendosi»: a ottobre il calo annuo si è limitato a un -2,2%, contro il -17,5% di settembre. Anche se nei primi 10 mesi, però, resta una diminuzione a due cifre (-17,8%). L'ultimo trimestre, dunque, non si apre sotto buoni auspici e infatti l'Isae, l'Istituto di analisi economica, ha dato previsioni non eccezionali per il periodo con il trimestre che si chiuderà con un calo della produzione dell'1,5%. Un periodo segnato da rialzi e ribassi frazionali in novembre e dicembre (-0,1% e +0,1%). Sul dato di ieri i sindacati non sono stati teneri. La Cgil ha parlato di crollo inarrestabile, la Cisl ha ribadito che Palazzo Chigi «non ha un'idea delle priorità del Paese» e la Uil ha rimarcato che «la politica economica non si fa con i condoni». Preoccupato è anche Prodi: «Avevo sperato in una ripresa - ha affermato il leader dell'Unione - ma i dati sono una autentica doccia fredda sulla speranza che io stesso avevo coltivato». Secca la risposta di Sacconi: «Prodi piange sul latte da lui stesso versato», perchè «come presidente della Commissione ha affrontato con astratta e superficiale retorica i processi di apertura dei mercati». Infatti, ha osservato il viceministro Urso, i dati sono «in larga parte conseguenza della sofferenza di alcuni settori chiave del Made in Italy, quali abbigliamento e calzature, che risentono della dura concorrenza internazionale, spesso sleale».

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