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Il Santo che suda

Pietrangelo Buttafuoco
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«Veni l'autunno», per come canta Franco Battiato, e alle porte dell'equinozio giunge da Agira – la città di Ercole al tempo antico, oggi un paese come tanti dell'entroterra siciliano – una notizia impossibile da spiegare: la statua di San Filippo il Nero, patrono e protettore del paese, gronda di goccioloni. A dispetto del proverbio messo in musica da Battiato – «Inutile ca ‘ntrizzi e fai cannola/u santu è di mammaru e nan sura» – il santo dei sanfulippani, per l'appunto, suda. Non piange come a suggerire un triste presagio o una sciagura. Suda piuttosto, come per la fatica gioiosa d'aver per tutti una buona nuova: «Datevi da fare!». Arrivato dall'Africa, il santo gareggia con i diavoli che ancora oggi tiene incatenati (e come urlano...) alle porte di Agira, nella caverna di cui si legge nell'Eneide. Senza neppure attendere il verdetto della Polizia Scientifica, o quel che deciderà la Diocesi, una risposta al prodigio sacrissimo è, comunque, nella canzone di Battiato tutta di botti, fuochi di colori e processioni. È lo strano e complicato sentimento di chi prova far capire le proprie pene per dire e dirsi – chissà chi è in grado di capire – l'unica strofa possibile: «Non so come mai, ma ti voglio bene».

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