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Leee John non solo musica: "Voglio una vita da regista"

Negli anni '80 ha spopolato con gli Imagination tra dance e provocazioni. Adesso si diverte col cinema e vuole duettare con Massimo Ranieri

Carlo Antini
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Ha venduto oltre 30 milioni di dischi nel mondo. Leee John è uno dei principali interpreti della dance e soul music già dai primi anni '80. I suoi Imagination hanno fatto ballare più d'una generazione a suon di “Just an illusion”, “Music and lights” e “In the heat of the night”. Oggi continua a girare il mondo con le sue canzoni e con l'Italia ha un rapporto particolare. Lo abbiamo incontrato seduti a un tavolino di un bar di Trastevere. Ci ha parlato di cinema, Cannes e del suo nuovo album. Con un duetto tutto da inventare. Leee John, cosa la spinge a tornare in Italia? “Dopo la masterclass di settembre ho capito che l'Italia mi ama ancora tanto. Voglio tornare qui anche a fare concerti. Parteciperò a un festival e forse il 31 dicembre mi esibirò a Pordenone. Poi mia nipote si sposerà a Trieste e sarò il suo testimone di nozze”. Cosa le piace del nostro Paese e di Roma? “Sembrerà strano ma la parte turistica è quella che amo di meno. Ci sono troppi turisti inglesi in giro e mi sembra di stare in Inghilterra. Mi piace visitare le città più nascoste dove posso scoprire i lati genuini della vostra cultura. La cosa che amo di più è la musica. Ho un debole per Giorgia e Massimo Ranieri con cui collaborerò molto presto”. A cosa sta pensando? “Ranieri duetterà con me nel mio prossimo album “World Domination”. Sarà un mix in cui si mescolano jazz, dance, gospel e funk. Voglio raccogliere elementi da culture differenti e circondarmi di musicisti provenienti da vari Paesi”. Tra le sue passioni c'è anche il cinema. Com'è nata l'idea di “Flashback”, il docufilm di cui è regista? “Volevamo fare un film sugli Imagination e abbiamo iniziato a raccogliere interviste agli artisti inglesi. Con l'andare del tempo, però, ci siamo accorti che stavamo mettendo insieme testimonianze importanti sulla storia della black music. Insomma i racconti degli altri musicisti erano diventati più interessanti di noi”. Cosa emerge dal materiale raccolto per il documentario? “Avevamo oltre 400 ore di filmati e una quantità enorme di interviste. E' una sorta di tribù arcobaleno che attraversa la storia della musica nera in Inghilterra. Si è sempre parlato molto di black music negli Stati Uniti. E' arrivato il momento di tirar fuori quello che riguarda l'Europa. Sono contento perché l'anno prossimo il documentario verrà presentato al Festival di Cannes”. Come si trova nella nuova veste di regista? “Benissimo. Ormai sono anni che mi dedico anche a questo. Con “Flashback” sono arrivato al mio quinto documentario. Ne ho girati altri in Zambia e Tunisia e ne ho fatto uno anche sulla violenza di strada a Londra. Raccontiamo le storie di vita dei leader delle gang giovanili. Si tratta di vicende umane che in realtà accadono in tutte le città del mondo. Mi sto dedicando molto alla regia. Voglio crescere anche dietro la macchina da presa”. Com'è nata la sua passione per fotografia e cinema? “Mi trovavo in Sud Africa per Sos Children e ho iniziato a scattare foto ai bambini con l'idea di raccogliere altri fondi. E' nato quasi tutto per caso. In genere non metto limiti ai miei interessi e faccio quello che mi viene in mente. Mi lascio trasportare dalle emozioni del momento. Poi, a pensarci bene, in fondo recito anche quando sono sul palco. Mi piace raccontare le storie della gente perché ogni storia può diventare un film”.  Cosa pensa del ruolo dei social media nella nostra società? “Da una parte i social mi piacciono molto perché permettono di stare in contatto gli uni con gli altri in qualunque momento della giornata. Dall'altra, però, possono anche essere utilizzati male. A volte c'è il rischio di farci influenzare in modo negativo. Vedo tante persone che racchiudono la propria vita nello schermo di un cellulare. Non fa per niente bene”. Tra le sue attività anche l'impegno per i bambini meno fortunati. Come nasce l'adesione al progetto Sos Children? “Ho sempre partecipato a iniziative di beneficenza e ho deciso di impegnarmi con chi fa davvero qualcosa di concreto per aiutare gli altri. Quando entri in contatto con realtà difficili ti rendi conto che la vita che abbiamo qui è nulla. Faccio quello che posso per aiutare chi ha davvero bisogno”. Dopo tanti anni di successi il nome Imagination è ancora sulle copertine dei suoi album. Ci pensa mai a un'ipotetica reunion con i suoi vecchi compagni di band? “Abbiamo collaborato per così tanti anni che sinceramente adesso sento il bisogno di fare cose nuove e diverse. Con la band eravamo giovani e per il momento non mi interessa ricominciare con loro. Poi magari tra due anni le cose cambieranno e si potrebbe pensare a un incontro per festeggiare il nostro quarantesimo anniversario. Chissà”. Nel suo recente “Retropia” c'è una cover di “Highway to Hell”. Un omaggio agli AC/DC che sembra davvero lontanissimo dal suo mondo musicale o sbaglio? “Vero ma io cerco sempre di stupire chi mi ascolta, allontanandomi da quello che il pubblico si aspetta da me. In studio abbiamo iniziato a provare “Highway to Hell” ed è venuta subito bene. Ma non le nascondo che quella canzone continua a essere una sfida anche per me”. Qual è il suo sogno artistico? “E' quello che sto realizzando in questo momento. La mia vita è un sogno continuo. Mi circondo delle persone giuste e vado avanti. Solo così riesco a dare forma a quello che immagino nella mia fantasia”. 

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