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La Dolce Vita dei Beatles

Cinquant'anni fa i quattro concerti dei Fab Four al Teatro Adriano. Prezzi alti, non ci fu il tutto esaurito La band folleggiò nelle notti romane

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«A deficienti! Ma ve volete sta' zitte, nun ce fate capì un c...», urlava un giovanissimo spettatore, coattello come un figurante pasoliniano, mentre attorno a lui le ragazzine cadevano in deliquio - e qualcuna lanciava le mutandine verso il palco - coprendo con i loro strilli la pur potente, nuovissima amplificazione Davoli. Però l'Adriano non era pieno: per la "diurna" la poltronissima costava cinquemila lire, per la "serale" settemila: esaurite solo balconate e gallerie, roba che con 2000 lire te la cavavi. E poi faceva un caldo da bruciare la pelle: in quella domenica 27 giugno 1965 meglio andare al mare, al massimo ci si sarebbe pensato lunedì, per il terzo e il quarto concerto dei Beatles. Il cui contratto prevedeva che in caso di «pubblico freddo» avrebbero potuto esibirsi anche per soli sessanta secondi. Ai romani, che i giornali definirono "tiepidi" malgrado le fans da esorcizzare, i quattro di Liverpool concessero show fra i 20 minuti e la mezz'ora ciascuno: preceduti in scena dai giovani leoni della "musica leggera" nazionale (Peppino di Capri e i Rockers, Fausto Leali e i Novelty, Maurizio Arcieri e i New Dada, Pino Donaggio e i Giovani Giovani, Guidone e gli Amici, Angela Terenzi, Augusto Righetti e le Ombre), e annunciati da Rossella Como come "I Bitlesssss", i nostri dispensarono una scaletta che andava da "Twist and Shout" a "Can't Buy Me Love", da "Hard's Day Night" a "Ticket to Ride". Rock torrenziale, ma non convinceva il direttorissimo della Rai dell'epoca, Ettore Bernabei, che giudicò quella musica "disarmonica", "destinata a tramontare nel giro di pochi giorni", e in ogni caso inadatta per la trasmissione in tv, malgrado l'impresario Leo Wachter avesse offerto a Viale Mazzini i diritti gratis. Il tour si rivelò un mezzo bagno, anche se Wachter aveva strappato al manager dei Beatles, Brian Epstein, un prezzo di assoluto favore: 8 milioni, con concerti al Vigorelli di Milano e al Palasport di Genova prima dell'approdo a Roma. Mesi dopo, furono presentate interrogazioni (da un onorevole Dc) al ministro Tremelloni per capire se per gli introiti dei concerti fossero state versate all'erario le quote fiscali dovute: hai visto mai che questi zazzeruti incassassero a sbafo. John, George, Paul e Ringo se ne fregavano: avevano già accumulato guadagni da colmare il deposito di Paperone. La loro vera ricompensa per quella due giorni romana fu un vento caldo di Dolce Vita, con tutti gli elementi al posto giusto. Immaginate una giovane e sexy Catherine Spaak (che, chissà perché, ricorda l'Adriano tutto esaurito) seduta in prima fila a spargere sorrisi sui Fab Four o la sbarazzina Chiara Mastroianni una poltrona dietro, che agitando la frangetta aveva quasi rimorchiato Paul. Il loro mentore capitolino fu Gianni Minà, che viaggiò con loro nella tournée italiana: sbarcati all'alba insieme a Fiumicino da un jet preso a nolo dall'Alitalia, trovarono ad attenderli pochi ragazzi, venuti a piedi da Roma «perché non avevano soldi per la sotterranea», e il giornalista Rai Adriano Mazzoletti (che ebbe il grande merito di registrare per conto suo gli spettacoli all'Adriano), il quale riuscì a chiedere ai quattro del "complesso" solo se fossero stanchi. Il meglio naturalmente doveva venire nelle notti brave che, complice Minà, i Beatles si concessero nella capitale. A partire da quella vana scarrozzata verso il Piper a bordo di due auto: John e Paul nel macchinone del giovane rampollo Paolo del Pennino, mentre George e Ringo (e il playboy Franco Califano) si rannicchiarono dentro l'angusta 600 del giornalista. Il batterista, vedendo i paparazzi, incitava Minà a pigiare sull'acceleratore, ma non c'era verso di spiegargli che più veloce di così l'utilitaria non andava. Arrivata al Piper, la combriccola fece dietrofront e andò a rifugiarsi al Club 84 di Via Veneto, dove cantava Fred Bongusto. Presto si fecero sentire i morsi della fame, e prima di mendicare cibo nel loro albergo (dove furono raggiunti da bellezze come la stessa Rossella Como o la showgirl Marina Marfoglia), presero il gelato a Piazza Navona, fino alla scena cult a Trastevere, dove - scrisse Minà - due ragazzotti in Vespa notarono i divi, ma si limitarono a rallentare, urlando loro «Ciao Beatles, bella la vita, eh?». Lennon meditò di vivere a Roma, una volta in pensione. All'alba, era tempo di colazione al Parco dei Principi, quando gli animali dello zoo salutavano il nuovo giorno con i loro versi. Ascoltandoli, Ringo Starr scoppiò a ridere: «Eccoli, sono loro i Beatles!».

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