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di Carlo Antini Anfore, marmi, manufatti in terracotta, lignei e metallici.

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Lamissione dell'Università La Sapienza di Roma è arrivata finalmente al successo. Settimane di ricerche incessanti hanno condotto a quello in cui tutti speravano. La conferma che le coste turche dell'Anatolia meridionale sono uno scrigno preziosissimo di reperti archeologici e furono una delle rotte principali dei commerci nel corso di tutta l'età antica. Fiore all'occhiello, la nazionalità tutta italiana della missione. In testa c'è Eugenia Equini Schneider, docente di Archeologia delle Province Romane alla Sapienza, che ha guidato la spedizione fino al successo finale. Di fronte al promontorio di Elaiussa, nella provincia di Mersin, sono stati localizzati giacimenti sommersi da collegare a due relitti di navi, l'una di età imperiale romana e l'altra risalente al VI-VII secolo d.C. con carichi di anfore e marmi. Le ricerche sono state condotte per due settimane da un'equipe di 5 subacquei (2 archeologi e 3 tecnici. «In particolare - hanno spiegato i ricercatori - le indagini condotte nello specchio d'acqua antistante il promontorio hanno portato all'identificazione di una vasta zona ricca di manufatti in terracotta, litici, lignei e metallici. La quantità e la varietà dei materiali sembra attestare la presenza di due relitti, di cui è conservata parte del fasciame; il primo, più antico (II sec. d.C.), con carico prevalentemente composto di anfore iberiche e marmi, era pertinente a una nave in arrivo nel porto settentrionale della città. Il secondo carico, di età bizantina, con materiali locali e di provenienza mista (dall'Egeo, dalla Palestina e dall'Africa) doveva appartenere a un'imbarcazione che seguiva rotte di cabotaggio, con scali in diversi porti del Mediterraneo occidentale e orientale. L'antico sito portuale di Elaiussa Sebaste (odierna Aya?) è situato sulla costa sud-orientale della Turchia, a circa 60 km dalla moderna città di Mersin e di fronte all'isola di Cipro. La città fu uno dei principali porti commerciali della Cilicia, sviluppandosi in età augustea e mantenendo il suo prestigio di scalo commerciale fino al tardo impero e all'età bizantina. Si trovava all'incrocio fra le più importanti vie marittime e terrestri, in un punto di passaggio obbligato e di collegamento fra Siria, Palestina, Egitto e penisola anatolica. «I rinvenimenti confermano l'importante ruolo svolto da Elaiussa all'interno delle principali rotte mediterranee di collegamento fra Siria, Egitto e penisola anatolica - conferma il direttore della missione Eugenia Equini Schneider, - una preminenza che è durata quasi otto secoli, dall'epoca augustea fino alla prima età bizantina». «Il progetto di ricerca, iniziato nel 1995 a seguito di una formale richiesta del Ministero della Cultura della Repubblica di Turchia, ha come obiettivo lo studio e la tutela del ricchissimo - e quasi completamente sconosciuto - patrimonio archeologico del sito, minacciato dall'abbandono e dalla speculazione edilizia - continua la nota - Le ricerche condotte in questi anni hanno messo in luce monumenti pubblici e privati di età romana imperiale (teatro, agora, terme, tempio, necropoli) e del periodo proto-bizantino (un monumentale palazzo destinato all'autorità civile - che non trova attualmente confronti nell'architettura dello stesso periodo in Anatolia - e numerose basiliche cristiane). I dati di scavo attestano che la città fu parzialmente distrutta e definitivamente abbandonata all'epoca dell'invasione araba che colpì questa parte della costa anatolica nel 672 d.C. L'indagine storica e archeologica è stata accompagnata da studi paleo-antropologici, da prospezioni geofisiche per la ricostruzione del paleo-ambiente e da interventi di consolidamento e di restauro, finalizzati alla valorizzazione del patrimonio monumentale e alla realizzazione di un parco archeologico. Nell'ultima campagna di scavo (iniziata ad agosto e terminata nell'ottobre 2012) alle indagini sul terreno - che hanno riguardato in particolare la chiesa episcopale della città, un impianto termale molto ben conservato e la torre-faro sul promontorio, che segnava l'ingresso del porto Nord, si sono affiancate prospezioni subacquee condotte lungo la fascia costiera. L'Ambasciatore d'Italia in Turchia, Gianpaolo Scarante, ha espresso «grande soddisfazione per l'ulteriore traguardo raggiunto dell'attività archeologica italiana nel Paese. L'eccellenza scientifica dei progetti italiani, co-finanziati dal Ministero degli Affari Esteri, e delle relative scoperte, fortemente apprezzate dalle Autorità turche sia a livello centrale che locale, si confermano sempre più quale elemento importante nel quadro delle relazioni culturali fra i due Paesi».

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