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L'epopea moderna di un eroe

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Dai caccia abbattuti sul Pacifico dai giapponesi al declino e rinascita di un reduce di guerra

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Dell'equipaggiosi salvano soltanto tre membri, uno dei quali è Louis Zamperini, figlio di immigrati italiani. Comincia così, con un minuscolo canotto alla deriva mitragliato dagli aerei giapponesi, una delle più straordinarie odissee della Seconda guerra mondiale, raccontata da Laura Hillenbrand nel suo nuovo «Sono ancora un uomo». Dopo aver percorso 3200 chilometri in mare nutrendosi di uccelli crudi e fegato di pescecane, i tre sbarcano su un'isola in mano giapponese. Per due anni passeranno da un campo di prigionia all'altro, incontrando sadici aguzzini come il sergente Watanabe e misurandosi ogni giorno con la possibilità di essere uccisi, fino alla resa del Giappone e alla liberazione. Questa, per Louis Zamperini, è solo l'ennesima prova di una vita avventurosa sin dall'infanzia: giovanissimo delinquente di strada, aveva trovato nell'atletica leggera una via d'uscita, diventando un campione di mezzofondo e partecipando con onore ai 5000 metri alle Olimpiadi di Berlino del 1936 (dove aveva ricevuto i complimenti di Hitler in persona). Reclutato nell'Aviazione nel 1940, mentre si stava preparando alle sue seconde Olimpiadi, prima di precipitare con il suo B24 nel Pacifico era sopravvissuto a durissimi combattimenti alle Hawaii. Conclusa la guerra, anche il rientro in Patria non è affatto semplice: gli incubi lo tormentano notte e giorno, portandolo a rifugiarsi nell'alcol. È il matrimonio con una ragazza di buona famiglia, bella e intelligente, e la riscoperta della fede a riportarlo alla vita: di lì in poi il suo percorso è di nuovo un crescendo, si dedica al recupero dei ragazzini sbandati com'era stato lui in gioventù e riesce persino a perdonare il suo antico torturatore. Il seguito della sua esistenza non cessa di sorprendere il lettore: viene scelto come tedoforo in cinque Olimpiadi, a settant'anni scopre lo skateboard, a ottantacinque torna nell'isola dove era stato prigioniero con il progetto di localizzare i resti dei marines i cui nomi aveva inciso sulla parete della sua cella. «Quando diventerò vecchio - ha detto - ve lo farò sapere». L'incredibile storia di Louis Zamperini viene raccontata da Laura Hillenbrand come un romanzo epico, un viaggio nelle possibilità estreme, fisiche e spirituali, dell'essere umano. La Hillenbrand è giornalista e scrittrice. Prima di questo libro ha pubblicato il bestseller «Seabiscuit, an American legend», da cui è stato tratto l'omonimo film. Nella prefazione del libro l'autrice ci guida nel pieno dell'azione: «I tre si tuffarono in mare e si nascosero insieme sotto le imbarcazioni, rannicchiandosi istintivamente mentre i proiettili perforavano la gomma e tracciavano linee ribollenti nell'acqua intorno alle loro teste. I colpi delle mitragliatrici continuarono rabbiosi, poi si ridussero a un balbettio mentre il bombardiere si allontanava. I tre americani si arrampicarono faticosamente a bordo dell'unico canotto ancora abbastanza gonfio. L'aereo si inclinò di lato e puntò di nuovo verso di loro. Quando fu in assetto orizzontale, Zamperini riuscì a vedere le canne delle mitragliatrici, puntate direttamente sul gommone. Lanciò un'occhiata ai compagni. Erano troppo deboli per rituffarsi. Mentre gli altri due si rannicchiavano con le mani sopra la testa, Louis si tuffò, da solo. Da qualche parte sotto di lui, gli squali si erano stancati di aspettare. Fecero una virata e nuotarono verso l'uomo sotto il canotto».

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