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I fratelli Klitschko La dura legge dei nuovi gladiatori

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Diventarecampione del mondo dei massimi significa tanto, perché si tratta di un titolo molto speciale e differente da tutti gli altri. Il campione dei massimi può ispirare le persone fuori dal ring in tutto il mondo»: così parlava (era il 2008) Wladimir Klitschko, l'ultimo re del pugilato moderno, ma anche un buon esempio per i giovani. Questo gigante (è alto due metri e cinque centimetri, per guardarlo negli occhi tocca prendere la scala) classe 1976, nato in Ucraina, ma trapiantato a Beverly Hills, ha «rimesso insieme» i titoli di diverse federazioni diventando l'icona di una nuova boxe non più riservata ai disperati in cerca di riscatto sociale. Wladimir infatti è laureato (in Pedagogia e Scienza dello Sport) ed è stato disegnatore di moda per Hugo Boss. Uno così non poteva che finire al cinema, come attore, nel film «Ocean's Eleven». Gioca a scacchi, fa volontariato, è ambasciatore dell'Unicef e ha promosso un progetto di recupero (che ha finanziato di tasca propria tirando fuori parecchie migliaia di dollari) per i bambini nati nel Bronx e con gravi difficoltà. Chi può fare concorrenza a un campione di questa... taglia? Suo fratello maggiore Vitali, classe 1971, attuale campione del mondo pesi massimi Wbc, ma anche attivo in politica, nonché ex deputato del Parlamento ucraino. Laureato in Economia, si era ritirato da campione del mondo per dedicarsi alla vita pubblica e ad altre attività. Poi non ce l'ha fatta a resistere alla voglia di sport ed è tornato sul ring. Che bravi ragazzi, colti, intelligenti e veri sportivi, nel senso che intendeva Pierre de Coubertin. Ma non fatevi ingannare. I due sono così nella vita di tutti i giorni, ma quando salgono sul ring diventano dei King Kong assetati di sangue. Il «piccolo», Wladimir, è soprannominato «martello d'acciaio», Vitali invece, che è un po' più basso, «solo» due metri e due centimetri, lo chiamano «pugno di ferro». Sul ring non perdonano nessuno, sono i gladiatori del Terzo Millennio. Arriva oggi nelle sale un docu-film dedicato alla loro storia: «Klitschko», firmato dal regista tedesco Sebastian Dehnhardt. Dalla loro infanzia in Ucraina ai primi successi da dilettanti al trasferimento in Germania sino ai titoli conquistati in tutte e cinque le federazioni di pugilato il docu-film ha, come tutti i film sul mondo della boxe, una marcia in più. «Klitschko» è in programmazione oggi e giovedì in tutti i cinema del circuito The Space. Un piccolo capolavoro che merita di essere visto. Sarà il fascino del ring, sarà l'idea dei «nuovi gladiatori», ma mettere la macchina da presa davanti ad un ring regala sempre grandi emozioni. Ne sa qualcosa il bravissimo Clint Eastwood che, con la sua sfolgorante carriera, ha incassato ben quattro Oscar grazie a «Million Dollar Baby», del 2004, incentrato sul mondo della boxe femminile con finale drammatico a sorpresa. Ma forse Clint lo sapeva che sarebbe stato un successo, bastava pensare a «Lassù qualcuno mi ama», del '56, uno dei più grandi successi di Paul Newman o, tra i documentari, al celebre «Quando eravamo re».

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