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«Ungaretti cambiava di continuo. Svevo rifece Senilità, in peggio»

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Lorammenta il decano degli italianisti, Walter Pedullà. «Ungaretti faceva e rifaceva i suoi versi, ne trovava molte varianti - dice a Il Tempo - Ma ne aveva ben donde. Il suo poetare essenziale, fatto di scarne parole, richiedeva più di ogni altro lo scavo linguistico, il prosciugamento dell'espressione. Parola perspicua è la sua, dunque doveva essere quella esatta, in assoluto». Ma non sempre rifare è sinonimo di migliorare. «Italo Svevo - spiega Pedullà - fu toccato dalle critiche al suo romanzo "Senilità". Lo accusavano addirittura di non saper scrivere in italiano. Così l'autore triestino riscrisse il libro. Ma era indubbiamente più bella la prima versione». C'è tutta una scuola filologica che esamina come cambia un testo, appunto la «variantistica», che in Italia ha il nume tutelare in Gianfranco Contini. «I suoi allievi - nota Pedullà - lavorano per individuare i passaggi delle stesure finché lo scritto si stabilizza. E anche tra i narratori ci sono le indoli flaubertiane, quelli che cercano "le mot juste". Romano Bilenchi è uno di questi». Ma gli scrittori confessano di aver cambiato, oppure tendono a glissare sui pentimenti? «I reticenti sono la maggior parte. Sperano in lettori non filologi, che non si accorgano delle minime varianti, perché talvolta si tratta di modificare una virgola. Del resto pescare nelle varianti è come lavorare in un pozzo infinito. Nel medioevo l'operazione di intervenire su un testo originario per scoprire che cosa ci fosse sotto si chiamava palinsesto, la parola che ora è comunissima per indicare il lavorio di fa e disfa che c'è dietro la formulazione dei menù televisivi. Adesso per poeti e narratori è tutto più facile. Scrivono al computer. Se cambiano, basta cliccare con il mouse e del pentimento non rimane traccia. Resta solo da chiedersi se la versione definitiva è davvero quella che piacerà di più al lettore. Forse la pagina scritta di getto, non troppo pensata conserva una suggestiva freschezza. Quanto ai filologi, il loro esercizio risulta prezioso. Nelle edizioni critiche segnalare i cambiamenti a piè pagina è fondamentale per comprendere non solo l'ispirazione, ma il carattere, l'anima, i tormenti dell'autore». Li. Lom.

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