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Doni: ho truccato le partite ma in carcere ho capito

Cristiano Doni entra in procura a Cremona

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"Sono stato un imbecille, in carcere ho capito". Cristiano Doni ammette, spiega, si lascia andare in lacrime davanti al giornalista che lo intervista per La Gazetta dello Sport dopo averlo fatto con i magistrati di Cremona che indagano sullo scandalo del calcioscommesse. "Non prendetemi come esempio", dice il 38enne ex capitano nerazzurro. "I miei errori sono iniziati nella partita con la Pistoiese di 12 anni fa. Anche quella gara fu combinata. Sono stato stupido, pensavo di farla franca", ammette Doni. A chi si avvicina ora al mondo del calcio cose direbbe? "Che deve giocare pulito. Sempre. E non dare retta a chi gli chiede di barare. Anche fosse un compagno. Deve denunciarlo, far finta di nulla è grave quasi come alterare una partita... Non prendete esempio da me". In carcere, Doni si è reso conto della gravità della situazione. "Già... Stavo da solo e ripetevo 'Ma come hai fatto? Quanto sei stato stupido...'". Nell'intervista c'è spazio anche per soffermarsi sul rapporto con i tifosi dell'Atalanta: era un idolo, ora non più. "Lo so ed è la cosa che più mi ferisce in questa storia dopo il male fatto alla mia famiglia. La Dea per me è tutto, era tutto... Capisco di averli delusi, traditi. Non chiedo perdono, ma solo che non siano cancellate tutte le cose buone che ho fatto in campo". Doni vuole continuare a vivere a Bergamo. "Sì, è la mia città. Non sarà facile, ma voglio restare lì. La benemerenza della città? Sono pronto a resituirla". Difficile, ora, pensare ad un futuro legato al calcio. "Volevo fare il dirigente dell'Atalanta, adesso so che è impossibile. So che ho chiuso con il calcio. Non ho idea di quello che farò. Certo, il sogno di rimanere aggrappato al mio mondo c'è ancora". L'ex bandiera dell'Atalanta ammette di aver truccato le partite: "lo fanno in tanti calciatori, più in B che in A", è "un problema culturale", dice a Repubblica. "Ho commesso due errori, gravi, ma sono questi due", dice Doni riferendosi a Ascoli-Atalanta e Atalanta-Piacenza; quest'ultima la partita dove il portiere Cassano gli avrebbe detto, ribadisce Doni "tira centrale che io mi tuffo". Poi Doni conferma che ci fu una combine anche per l'Atalanta-Pistoiese del 2000, che sarebbe stata decisa in una cena. "Ci indagarono e poi ci assolsero", osserva, "se qualcuno mi vorrà chiedere spiegazioni gliene darò". E insiste: riportare l'Atalanta in A era il suo unico obiettivo, "per me era un'ossessione, avrei fatto qualsiasi cosa.  Anzi ho fatto qualsiasi cosa. Ho tradito lo sport". Però, vuole sottolineare, non da solo: a tradire "sono molti, troppi. In B più che in A perché a parte 3 o 4 club, gli altri pagano poco anche 20mila euro l'anno. E così i calciatori sono più corruttibili. Però in generale sono molti, sì, è un problema culturale". Elogia il meccanismo della giustizia, Doni: "sono stati tutti bravi, il poliziotto che mi ha arrestato, il giudice Salvini, il pm De Martino, il mio avvocato... Mi hanno permesso di cominciare un percorso che non so dove mi porterà ma che dovevo cominciare. E che spero comincino per tempo tutti i miei colleghi.  Mi piacerebbe davvero se finisse l'omertà nel calcio, se quello che è successo a me fosse un punto di svolta per tutti".  

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