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di Lidia Lombardi Arrotondare le entrate dell'erario col denaro che producono le lucciole.

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Perchéil suo «Le signore della notte - Storie di prostitute, artisti e scrittori» ruota attorno all'idea che rifiutare come abietto il mestiere più vecchio del mondo è tapparsi gli occhi davanti alla «prostituzione» moralmente accettata di oggi. Quella delle rampanti che vanno a una convention, a pubblico dibattito, a una serata di beneficenza ma anche in twitter vestite di pochissimo. O quella delle invitate a un'orgia che se non sono pagate vanno bene, se invece prendono soldi, allora sono reiette. Anticonvenzionali e antiborghesi le pagine di Scaraffia. Perché è proprio la classe di mezzo, quella che ha agguantato il primato sociale maneggiando denaro, ad aver ingaggiato la crociata più ipocrita contro le lucciole. Cominciò la Rivoluzione Francese, con un istantaneo cambio di copione. Nel 1789 quelle lì stanno sul carro della Bastiglia. Ma presto i Giacobini vedono nei postriboli il rifugio di lealisti e reazionari. Nel 1893 chiudono i cancelli dei giardini di Palais Royal, serraglio delle passeggiatrici. E tagliano insieme la testa alle signore della notte e delle aristocratiche. Del resto fu Parigi ad abolire per prima le case chiuse, nel 1946. Seguì due anni dopo l'Italia. La fine di un'epoca che aveva fatto dei postriboli la zona franca di una società ordinata e produttiva nella quale lavoro e famiglia erano gli imperativi categorici e dunque l'evasione al bordello indispensabile valvola di scarico dei lavoratori - operai, travet, imprenditori, commercianti - che avevano moglie casalinga con prole da accudire. Dopo no, la donna in carriera non sopporta l'idea dell'alter ego pronto a vendere il corpo. E prostituta diventa parola oscena, impronunciabile. Salvo ricicciare nella «politicamente corretta» (D'Addario docet) escort. E invece la prostituta e il suo cliente sono ribelli, ricorda Scaraffia. Lei perché non vuole lavorare «onestamente» per due lire al mese. Lui perché esce fuori dal cliché perbenista di eros-amore. Il punto è che quelle che battono sono sfruttate dal protettore. Allora ecco la proposta: «L'istituzione delle cosiddette case aperte, condomini o vere e proprie cooperative in cui le prostitute possano esercitare la loro professione con un'assistenza medica che tuteli tanto loro quanto i loro clienti, al riparo da sfruttatori o, peggio, organizzazioni criminali...Un obiettivo difficile da raggiungere senza il riconoscimento legale, e la conseguente tassazione». C'è poi il lato creativo della faccenda. Scrittori, artisti, registi intrigati dal mondo torbido e molle delle lucciole. Lo praticano nella vita vera - la loro - e in quelle che raccontano. Il catalogo degli intellettuali al casino è fitto. «La frequentazione corale dei postriboli non evocava oscure perversioni, ma immagini placide, come quella del poeta Vincenzo Cardarelli incappottato e assopito nel salotto romano dell'inequivocabile quanto poco equivoca Pensione Rossi in via Mario de' Fiori», ammicca Scaraffia. Prima di lui, intrigati dall'alcova mercenaria non solo il deforme e sregolato pittore di ballerine del Moulin Rouge Toulouse Lautrec. Ma anche Flaubert, inventore di quell'inquieto sentimento femminile chiamato bovarismo. E il filosofo Schopenauer, e il rigoroso Kakfa, e l'accasatissimo Simenon. Gli incontri offrivano la possibilità di uno iato col reale, dunque davano le ali all'immaginazione. Confessa Cartier-Bresson: «Frequentavo i casini, non i salotti mondani. I casini, per la conversazione, non per la fotografia, la vita era lì, non dai notabili». Scaraffia documenta con dovizia. L'omosessuale Proust «passava molto tempo a chiacchierare con quelle che per lui erano depositarie di tanti interessanti segreti». E lo faceva con un rituale. Il suo autista fermava la vettura sotto il portone del postribolo e chiedeva alla tenutaria di far scendere due o tre «pensionanti». Queste uscivano e si accomodavano sui sedili della sua vettura. Conversavano con l'autore della «Recherche» sorseggiando con lui sanissimo latte (non è noto se inzuppandovi una madeleine). Un feeling intellettuale testimoniato anche da Mario Soldati: «Ognuna era interessante, intelligente, degna d'amore, di attenzione, di studio, di ricordo, di storia». L'altra metà del libro è sulle «lucciole di carta», eroine della letteratura, da Nanà di Zola a Katiuscia di Tolstoj in Resurrezione, fino a Santina ne La Storia della Morante e alle Puttane tristi di Marquez. E nel cinema alla Belle de jour di Buñuel, che punta l'indice contro la gente perbene.

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