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Pupi Avati racconta "Il cuore grande delle ragazze"

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Micaela Ramazzotti

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Ironico e cattivo. Pupi Avati sfoggia una inedita doppia anima nel suo "Il cuore grande delle ragazze" presentato oggi all'Auditorium dal fratello produttore Antonio Avati e dagli interpreti Cesare Cremonini e Micaela Ramazzotti. Ambientato in una Fermo immaginaria degli anni Trenta, quando il cuore delle donne "era grande". Per Micaela Ramazzotti Pupi Avati è un romanziere. "Le donne di allora avevano la grade capacità di sopportazione - racconta la Ramazzotti - È un talento quello di sopportare un tradimento. Oggi le donne hanno la capacità di capire le debolezze e le fragilità umane. Io sono sposata: ho un rapporto equilibrato, sano, misurato ma se mi tradisce lo ammazzo". "Recitare in un film di Pupi Avati è come entrare in un monumento - continua la Ramazzotti - è un romanziere, ironico e pungente. Li ho visti e rivisti i suoi film, mi hanno sempre appassionato. Racconta come eravamo, le donne di allora, quello che le nostre nonne conservano: la dolce supremazia e l'autorità in casa. Donne tradite ma da cui gli uomini tornano sempre. Lo racconta con luce e poesia. La luce arriva perche eravamo un gruppo di buffe marionette con un burattinaio che ci manovrava e faceva uscire la nostra luce". Ancora Micaela Ramazzotti: "I fratelli Avati li ho conosciuti 15 anni fa, quando mi chiamarono per un piccolo ruolo in La prima volta. Poi un'altra particina nella Via degli angeli, altra comparsa. È iniziato tutto lì. Sono rimasta emozionata da questa fiaba a lieto fine. Dopo aver letto il copione ho pianto e riso: Pupi scrive copioni come piccoli romanzi. E i personaggi sono in continua evoluzione perchè Pupi scrive di notte le scene. E il giorno dopo li costruiamo insieme. Mi sentivo portata da un grande guru. È il film in cui mi sono divertita di più, libera di essere un pò buffona e clownesca". Per Cesare Cremonini è un'inedita prova da attore in un film d'autore. "Io ho ricevuto la chiamata a novembre dello scorso anno. È stata una cosa inaspettata. Pensavo ad uno scherzo. Ma poi ho detto subito sì appena mi ha detto che avrei lavorato con Andrea Roncato. Mi entusiasmava la motivazione della scelta: aveva pensato a me dopo avermi visto in una trasmissione televisiva, Very Victoria con Victoria Cabello. L'aveva colpito la mia spontaneità bolognese che gli ricordava la sua gioventù. Il film fiabesco ricalca la vita dei suoi nonni, e io intepreto il nonno. Dire di no saraebbe stato maleducato e mi sarei rimangiato per tutta la vita l'occasione di un'esperienza nutriente. La mente e lo spirito per me che ho trent'anni devono essere nutriti. Mi sono messo in gioco, per me che vengo dala musica, ma è un atto doveroso: credo che un artista, se affronta le sfide con il giusto spirito divertito e con i piedi per terra, è positivo. È anche un modo per farsi conoscere. Ringrazio Pupi che ha avuto l'intuizione di pensare a me". E Cremonini pensa già al nuovo disco: "Poter vivere un'esperiena così ricca fatta di ascolto, mi ha permesso di captare il massimo. Pupi Avati coi suoi racconti e la fanciullezza saggia, mi ha portato dentro questa magia. E ora che sto scrivendo il nuovo disco, avrà nelle sue corde qualcosa che ho rubato in maniera benevola da questa esperienza".   Intanto Pupi Avati sta meglio dopo il malore ed è uscito dall'ospedale. "È l'emozione che mi ha fregato, quell'emotività che ti arriva con l'età. Vedere il film su Lelio Luttazzi (L'illazione) mi ha davvero emozionato e commosso". Così il regista de "Il cuore grande delle ragazze" racconta, appena tornato a casa dal Policlinico Umberto I, la sua esperienza di due giorni all'ospedale. Pupi Avati, che stasera sarà regolarmente in sala al "Roma Film Fest" per presentare il suo film dice: "Certo che ci sarò stasera. Si lavora un anno per una serata come questa ed è sempre più difficile fare cinema a 72 anni". Per quanto riguarda il suo malessere spiega: "L'emozione e la commozione mi hanno creato una specie di blocco intestinale che io ho creduto fosse infarto. Una cosa che mi è capitata 23 anni fa. Ho avuto chiaramente paura - ha aggiunto il regista - ma con me avevo il Carvasin sublinguale che ho preso subito, poi sono stato portato subito all'Umberto I dove mi hanno fatto una coronografia. Comunque - ha concluso - tanto terrore, mi sono ricordato quando 23 anni fa intorno al mio letto c'era chi diceva ce la farà o non ce la farà".

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