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Con Massimo Ranieri i fantasmi di Napoli invadono la Capitale

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Èuna kermesse composita, intensamente canora, che celebra personaggi dell'immaginario collettivo con un filo conduttore etico molto forte. Scritto dal protagonista con Gualtiero Peirce, vanta le coreografie di Franco Miseria e un'orchestra composta da Massimiliano Rosati alla chitarra, Flavio Mazzocchi al pianoforte, Mario Guarini al basso, Luca Trolli alla batteria, Donato Sensini ai fiati, con costumi di Giovanni Ciacci e Maurizio Fabretti come light designer. C'è un omaggio alla tradizione partenopea che parte dalla sceneggiata più melodrammatica con «'O zappatore», emoziona con il classico struggente «Era di maggio», passa per la figura ormai scomparsa del povero «saponaro» descritto da Raffaele Viviani, approda a un monologo dell'Eduardo di «Questi fantasmi», ma non dimentica Nino Taranto e sceglie «I so' pazz'» di Pino Daniele e il brano «Don Raffaè» di Fabrizio De Andrè, contestualizzandolo nel ricordo della visita del Papa Giovanni XXIII al Regina Coeli. Il valore dei sentimenti però non conosce latitudini e limitazioni geografiche e viaggia ben presto verso altre lingue e culture musicali: non si possono tralasciare il fascino romantico di Charles Aznavour o la malinconia lirica di Luigi Tenco fino a evocare Violeta Parra. La battaglia combattuta per difendere i propri sogni chiama ben presto in causa anche un cantautore milanese come Giorgio Gaber e vola alta sulle note del «Cyrano» di Francesco Guccini che servono per ambientare un vero duello di scherma interpretato da Ranieri con il celebre maestro d'armi Sandro Musumeci Greco che intende virtualmente rappresentare la necessità di uno scontro, sia pure virtuale, con i falsi e i furbi di ogni epoca. Per denunciare la muta sofferenza di chi non abbia mai avuto l'ardore di dichiararsi alla persona amata si ricorre a «Ti parlerò coi versi», mentre il successo sanremese, sempre apprezzatissimo, «Perdere l'amore» funziona da sfogo catartico in memoria dei rapporti conclusi che lasciano un dolore indelebile. Nel percorso scenico di un Massimo Ranieri assai più riflessivo e intimista del solito si inserisce l'elenco delle parole che feriscono e andrebbero pertanto eliminate dal vocabolario come «respingimento» che si usa per rifiutare possibili pretendenti, ma oggi corrisponde ai provvedimenti contro gli immigrati. L'anelito di riscatto dei meno fortunati diventa chiave di lettura del mondo di ieri e di oggi, da quella Napoli che in una recente intervista Ranieri ha definito, non senza critiche, «una madre violentata» e che per lui è comunque e per sempre «la città che ogni giorno ci insegna il coraggio», fino a uno slancio più ardito verso la salvezza dell'intera nazione.

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