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Wikileaks: la crepa nel Terzo Millennio

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Gli americani amano l'Italia e i suoi politici ma detestano l'onnipresente burocrazia

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Ecome parlano politici, amministratori, pezzi da novanta del mondo e di casa nostra, che qualche volta, anche, le sparano grosse, ce lo ha rivelato lo scandalo Wikileaks. La trafugazione dagli archivi statunitensi di centinaia di migliaia di documenti ha rivoluzionato nel 2010 il panorama informativo mondiale, imponendo questo scandalo, perché di tale si tratta, all'attenzione generale. Ma nella «valanga» Wikileaks non ci sono solo i lati oscuri della guerra in Afghanistan e i «danni collaterali» del conflitto in Iraq: nell'enorme massa di materiale desecretato in un modo totale e massiccio passa un decennio di vicende italiane: dai rapporti italo-statunitensi alle valutazioni sul personaggio Berlusconi. E poi la politica interna ed estera del nostro governo, frasi, parole, giudizi... Una valutazione complessiva sulla gran massa dei documenti liberati da Wikileaks, ma anche un'ampia riflessione sul significato storico dell'evento, sono il cuore del saggio di Mimmo Franzinelli e Alessandro Giacone «La Provincia e l'Impero - Il giudizio americano sull'Italia di Berlusconi», Storie Feltrinelli, 22 euro, 407 pagine. Il saggio ampio, complesso, estremamente dettagliato e zeppo di documenti, sfoggia una gran fascia blu con la scritta: «Dentro le rivelazioni di Wikileaks». Attraverso i tanti documenti si delinea l'immagine della politica italiana vista dagli Stati Uniti e vengono interpretate le strategie dei politici italiani per confrontarsi con il potente alleato e anche utilizzarlo nello scontro politico interno. Chi guarda il nostro Paese da lontano ha un'alta considerazione dell'Italia e degli Italiani. È evidente che l'Italia non è un Paese come gli altri, ma una sorta di misterioso monumento barocco, all'interno del quale possono accadere cose imprevedibili. Così il peso fortissimo della criminalità organizzata sulla società civile è visto come un male endemico, una sorta di «anemia mediterranea», una malattia genetica da prendere così com'è. E da prendere così com'è, senza cercare di capire, è anche la nostra elefantiaca burocrazia: complicatissima, bizantina, lunghissima nei tempi. L'idea è che tutto sommato l'Italia è un Paese importante e ben considerato. Ancora oggi, nonostante la Guerra Fredda sia morta e sepolta, di grande importanza strategica. Perché poi in Italia non si riescano a mettere a posto cose tutto sommato semplici, tipo la Giustizia o la politica energetica, è un mistero del quale tutti ormai si sono stufati di cercare la soluzione. Almeno all'estero. Appare anche chiaro che la (nostra) amministrazione Berlusconi ha avuto un periodo di idillio con la (loro) presidenza Bush. Parlare era facile, come trovare degli obiettivi comuni. Il «cambio della guardia» alla Casa Bianca ha segnato una svolta (non in meglio) dei rapporti Italia-Usa. L'amministrazione Obama appare cauta e guardinga nei confronti del nostro Paese. Il grande merito di questo saggio è però, soprattutto, quello di invitare ad un'ampia riflessione sui profondi cambiamenti nella politica e nell'informazione in questi ultimi anni. All'epoca dei «Documenti del Pentagono», era il 1971, un caso analogo a Wikileaks, acquisire e diffondere notizie era lungo e difficile. Servivano tonnellate di fotocopie. Oggi, invece, con una manovra quasi istantanea è stato possibile copiare più di 90 mila rapporti top secret sull'Afghanistan. E poi renderli pubblici. Le leggi che governano il mondo sono cambiate. Anche se qualcuno fa finta di non accorgersene.

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