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Fantascienza sul Lido

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Paltrow, Soderberg e Fishburne

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Steven Soderbergh, premio Oscar (per «Traffic) fa di nuovo centro e porta sul Lido (fuori concorso) «Contagion» un thriller pandemico che fa davvero paura all'idea che una malattia sta mangiando il mondo. Scatenato dalle feci dei pipistrelli il virus provoca morti ma anche corruzione endemica delle case farmaceutiche e della Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) che vanno a caccia del business dei vaccini, mentre il corruttibile mondo dell'informazione resta a guardare. La storia del disaster movie inizia a Hong Kong, dove Beth (Gwyneth Paltrow) ha un rapporto occasionale con un suo ex e quando torna a casa da marito (Matt Damon) e figli il contagio (preso in casinò cinese) è già in corso. Morirà e sarà lei ad accendere il focolaio che velocemente si espanderà in tutto il mondo, uccidendo oltre 23 milioni di persone. Da un lato si cercherà di minimizzare gli eventi, dall'altro una dottoressa (Marion Cotillard) verrà incaricata di trovare presto una soluzione alla pandemia. In mezzo alla confusione emerge la figura di un blogger (Jude Law) il quale avverte come la soluzione sia ormai solo sul web («la carta stampata è finita» dice in una scena): basterebbe assumere della Forsythia omeopatica e tutti guarirebbero, ma questo andrebbe contro gli interessi dell'industria farmaceutica. In pochi gli credono. La società contemporanea nel film appare davvero malata e senza speranze, ma per Soderbergh nel film «non c'è alcuna metafora della crisi economica, perché il virus è l'assoluto protagonista. Un po' mi sono ispirato a "Tutti gli uomini del presidente" di Pakula per lo stile pulito e essenziale, perché volevo dare un approccio quasi scientifico al mio film. Comunque, dopo averlo realizzato mi lavo continuamente le mani». Bella e spiritosa Gwyneth Paltrow ha risposto alle domande dei giornalisti: «La mia morte per il virus potrebbe essere una metafora della punizione del tradimento extraconiugale? Allora pochi rimarrebbero vivi in questa sala, soprattutto gli italiani». Nonostante le polemiche suscitate dal ruolo di Abatantuono nei panni di un imprenditore del nord razzista, il film «Cose dell'altro mondo» di Francesco Patierno (Controcampo) ha scatenato applausi e risate. La parte dell'attore, imbonitore tv contro gli immigrati al grido di «prendete il cammello e tornate a casa», ha suscitato prima le reazioni del popolo del web leghista; poi un interrogazione parlamentare del deputato padovano Massimo Bitonci (sostenuta idealmente anche dal presidente della Regione Veneto Zaia); e infine tante critiche dalla stampa locale che definisce il film «antiveneto». Dopo tanti insulti, alla fine, gli extracomunitari (almeno nel film) spariscono davvero rompendo gli equilibri sociali e lavorativi delle città. Per Abatantuono, la storia deve essere vista come «una favola e così, non a caso, ho cercato di umanizzare il mio personaggio. Le cose che accadono nel film nella realtà non possono accadere», sottolinea l'attore che in scena, se di giorno predica il razzsimo, di sera si fa coccolare da un'amate di colore. Per il regista Patierno, «le polemiche preventive sono strumentali. In questo paese c'è sempre troppa ideologia e vorrei che, una volta vista la pellicola, si potesse cambiare idea: si tratta di una storia molto trasversale e non è classificabile politicamente, è un racconto di fantasia, che non guarda in faccia a nessuno su un argomento serio, come l'integrazione, raccontato però in modo non serioso». Una singolare lettura del film è poi arrivata da Vittorio Sgarbi, per il quale «Abatantuono interpreta la figura ideale del "rinnegato", interpretando un imprenditore del Nord est. La sua è una figura formidabile: nessuno vede in lui un imprenditore del nord, è visibilmente meridionale, tutto il suo corpo è del Sud, quindi il meccanismo attivato dal film è quello del "rinnegato" che prende i suoi a calci nelle pa..». Due i film ieri in concorso: «Poulet aux prunes» di Marjane Satrapi e «Alpis» di Yorgos Lanthimos, che viene dalla Grecia e non può che risentire del momento difficile attraversato dalla società di quel Paese: una conferma per un vero autore rivelazione a Cannes. Un po' d'Italia nella pellicola della Satrapi che racconta (in coppia con Vincent Paronnaud) «una storia di sentimenti e di poca speranza, dove un uomo muore d'amore, è un film nichilista, perché la grande speranza non ci può essere nella vita che affrontiamo tutti i giorni». Nel cast con Chiara Mastroianni e Maria De Medeiros (la moglie del protagonista), anche Mathieu Almaric nel ruolo del violinista e marito infelice, succube di una madre autoritaria (Isabella Rossellini) e innamorato di una bellissima giovane (Golshfiteh). Da segnalare fuori concorso «La folie di Almayer» della belga Chantal Akerman che ha immaginato «una visione onirica dei rapporti interpersonali - spiega la regista - La pellicola è tratta dal primo libro di Conrad (La follia di Almayer), dove i personaggi, il padre, la madre e la figlia, sono tutti vittime dei folli pregiudizi».

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