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Sono sei anni che Luciano Canfora si azzuffa con Salvatore Settis a proposito di una presunta «scopertona» archeologica.

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Quel«Papiro di Artemidoro» che rappresenterebbe il più antico testo di geografia mai conosciuto e che nel 2004 la Fondazione San Paolo di Torino ha comprato per 2,75 milioni di euro. Settis - il direttore della Normale di Pisa, l'archeologo più accanito contro la gestione dei Beni Culturali targata Bondi - sostiene che il papiro è vero, ossia una copia del primo secolo dopo Cristo del testo di Artemidoro. Canfora gli dà addosso, smonta punto per punto le tesi «autenticistiche», s'accanisce a cercare altre conferme. E cioè che il papiro - una consumata e sottile striscia lunga due metri e mezzo e alta poco più di 30 centimentri contenente alcune colonne di scrittura, una mappa geografica della Spagna e molti disegni di animali e di parti anatomiche umane - sia stato fabbricato nell'Ottocento da un furbissimo e abilissimo farsario, il greco Costantino Simonidis. E poiché nello scorso dicembre Canfora ha diffuso nuovi elementi a sostegno delle proprie convinzioni, ecco che le scodella in uno dei tipici e affascinanti libretti Sellerio, quelli con la copertina blu. Le nuove frecce nell'arco di Canfora sono il ritrovamento di un manuale di pittura per principianti del XVIII secolo nel quale una tavola è identica alla serie di disegni nel recto del papiro e l'individuazione a Mosca di un elenco di manoscritti antichi di proprietà di Simonidis che in realtà sono sue contraffazioni. E uno di essi si intitola Geographia. Ma insomma, quali sono le due «verità» sul Papiro? Diciamo subito che il rotolo da due milioni e passa di euro, venuto alla ribalta negli anni Novanta e di proprietà di un collezionista tedesco, fu giudicato da tre studiosi, tra cui Settis, opera databile tra il primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo. E sarebbe una copia preziosa dei Geographoumena di Artemidoro di Efeso, il primo ad aver dato basi scientifiche alla geografia. Ma perché insieme al testo, a un proemio nel quale la geografia è paragonata alla filosofia e a una mappa di una regione spagnola, la Betica, il papiro contiene disegni di mani, piedi, facce umane e di animali? Perché, spiegano Settis e colleghi, la consunta pergamena è stata usata per cento anni e ha avuto tre vite. La prima appunto per il trattato geografico. Ma l'errato disegno di una mappa fece abbandonare la trascrizione. Il papiro venne perciò utilizzato come foglio da disegno, album di schizzi di pittori; e, riempito tutto il verso, impiegato nel recto per altri disegni di allievi. Infine, divenuto carta straccia, riempì una maschera funeraria. E qui sarebbe stato ritrovato. Proprio del rinvenimento, della mummia, non ci sono prove, né testimonianze. Ed è la prima osservazione polemica di Canfora. Il quale demolisce le convinzioni di autenticità come un caterpillar. Intanto, il testo è scritto in una lingua incongrua all'epoca di datazione. «L'autore ha una discreta esperienza del greco tardo e bizantino», scrive. Ma non di quello antico o ellenistico. «Fa affidamento - come farebbe un "moderno" - sulla punteggiatura, trascurando che questa risorsa è estranea alla sintassi di epoca classica così come a quella della koiné in tutta la sua lunghissima vita. Anche questa è una crepa fatale». Non convince il filologo la prova del Carbonio 14 «perché Simonidis può aver usato un papiro antico, come altri falsari. Aveva in Egitto un fratello che potrebbe averglielo procurato». Né il particolare inchiostro usato, perché «la ricetta sta già nei testi di Plinio». E a dargli manforte è venuto anche Maurizio Calvesi che ha scovato un testo di Carl Ritter che avrebbe «ispirato» al falso Artemidoro l'introduzione sul compito teorico della geografia. Ma il puntiglio con cui Canfora smaschera Simonidis non è sostenuto da disprezzo. Intanto, il geniale falsario non ha agito per sete di guadagno, quanto per patriottismo. Nell'Ottocento la Grecia perdeva piede nella considerazione degli Europei. Dimostrare che era stata la culla anche della prima trattazione scientifica della geografia poteva risarcirla. E poi «il falso risponde anche a un bisogno intellettuale e pratico: mira a colmare un vuoto, a completare quanto la tradizione avara o l'ingiuria del tempo hanno sottratto. Il falso è perciò anche il sogno, e talvolta l'obiettivo di più di un filologo di genio». Anche Tucidide, lo storico ateniese che studiamo al liceo, inventò i discorsi dei protagonisti del proprio tempo. Grande falsario, insomma, ed è lecito venerarlo. A patto di svelarne la bufala.

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