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di CARLO ANTINI Nel mondo non sono molti i monumenti che hanno subìto un vero e proprio processo.

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Erail 27 maggio 1986 quando si scontrarono tesi opposte: favorevoli e contrari al monumento dedicato a Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia. E non fu quella l'unica volta in cui intellettuali e critici d'arte si scontrarono sulle qualità dell'opera. Adorato da Gabriele D'Annunzio e Benedetto Croce, il Vittoriano era apprezzato anche da Federico Zeri che ne sottolineava «l'altissimo livello qualitativo». Di parere diametralmente opposto Bruno Zevi, che propose addirittura di farlo saltare con la dinamite. A parte gli eccessi, il dibattito resta aperto sul filo della boutade. Gli stessi romani hanno soprannominato il Vittoriano «macchina da scrivere» e «torta nuziale». Pro o contro, l'Altare della Patria resta uno dei simboli dell'Italia unita, fulcro e catalizzatore di un sentire patriottico che, proprio in questi mesi, si rinvigorisce nelle celebrazioni dei 150 anni dalla nascita del Regno d'Italia. Nei prossimi giorni se ne parlerà ancora. Sabato il Vittoriano compirà cento anni, essendo stato inaugurato il 4 giugno 1911. Per l'occasione l'Istituto di Storia del Risorgimento ha organizzato un convegno di studi ospitato nelle sue sale. E sarà solo la prima tappa di una stagione di celebrazioni. A ottobre una grande mostra fotografica racconterà la storia del monumento e i giorni della sua inaugurazione con immagini inedite. E poi ancora a novembre con la rassegna che, a 90 anni dall'arrivo della salma del milite ignoto, ripercorrerà la storia di quell'avvenimento. Non mancheranno le pubblicazioni. A giorni verrà dato alle stampe «Processo all'Altare della Patria» di Vittorio Gregotti che riporta la cronaca firmata da Giovanni Klaus Kopenig del vero processo al Vittoriano del 1986. Oltre alla prefazione di Federico Zeri per la ristampa del pamphlet di Carlo Dossi «I mattoidi al primo concorso per monumento in Roma a Vittorio Emanuele II». E sempre per il centenario, verrà ripubblicato «L'altare della patria» di Bruno Tobia. Il primo bando per la costruzione risale al 1880 e il monumento fu realizzato in stile neoclassico con un progetto che si ispirava all'altare di Pergamo. Il Vittoriano venne inaugurato per festeggiare l'esposizione internazionale organizzata nei cinquant'anni dell'Unità d'Italia. I lavori, però, non erano ancora del tutto finiti quando, nel 1905, Giuseppe Sacconi morì. A quel punto Gaetano Koch, Manfredo Manfredi e Pio Piacentini presero in mano il progetto e lo conclusero definitivamente solo nel 1935. Chiuso al pubblico per decenni dopo un'allarme bomba nel 1968, oggi il monumento a Vittorio Emamuele II vive una seconda giovinezza ed è divenuto luogo privilegiato di mostre d'arte e spazio per convegni. In compenso le polemiche non hanno mai smesso di accompagnarlo: l'ultima per gli ascensori di cristallo che portano alle terrazze panoramiche. L'ennesima tenzone di una sfida ancora aperta.

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