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Tutti gli uomini della Parmalat Anche il crack dà spettacolo

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diDINA D'ISA Leda (acronimo di Latte e Derivati Alimentari) è un nome di fantasia per rievocare tutte quelle aziende che hanno fatto dei debiti una strategia e del falso in bilancio uno strumento, truffando migliaia di investitori con una gestione disinvolta e malsana. Uno su tutti, il caso della Parmalat, che fece un crack da 14 milioni di euro. Proprio a questa vicenda si ispira «Il gioiellino» di Andrea Molaioli, film prodotto da Indigo, Babe con Rai Cinema e dal 4 marzo nelle sale distribuito da Bim. Tanti i riferimenti alla realtà italiana, di allora (fine anni '90) e di oggi, compresi gli episodi di un presidente del Consiglio che ama le barzellette e ha una squadra di calcio. L'industria agro-alimentare si ritrova ad affondare nonostante i bilanci falsificati, l'appoggio di certi politici e l'esortazione al rischio dei soli risparmiatori, attraverso operazioni di finanza sempre più ardita e creativa. «Il gioiellino» non è altro che il modo affettuoso con cui l'imprenditore chiama la sua azienda, la stessa che ricalca le vicende Parmalat: dalla collusione di Tanzi con alcuni politici accondiscendenti al salto improvvisato dell'azienda verso i mercati internazionali e poi verso la quotazione in borsa. Tutto questo fino al crack finale, con le reazioni dei personaggi che si ritrovano con le spalle al muro: chi seppellirà i gioielli in giardino, chi cercherà di far sparire le carte compromettenti, chi infine sceglierà il suicidio, mentre i vari risparmiatori si ritroveranno rovinati da un giorno all'altro. Ma per prudenza il regista non usa i nomi veri di quella triste vicenda. Così, nel cast, Remo Girone si chiama Rastelli, ma ricorda alla perfezione Calisto Tanzi, azionista di maggioranza di un'azienda del nord (la location da Parma si è trasferita a Acqui Terme con la collaborazione della Film Commission Piemonte). È lui l'uomo dalle mille facce: fedele alla moglie, rassicurante patriarca borghese, ma di fatto mente diabolica e senza scrupoli. Sarà lui a spingere l'impresa verso il tracollo con l'aiuto dell'astuto ragionier Botta (personaggio inquietante interpretato da Toni Servillo che rievoca Fausto Tonna, ex direttore finanziario della Parmalat). «Trovo un'idea geniale quella di non appiattirsi per forza sulla cronaca - ha detto Servillo - Stavolta, per fortuna, interpreto un personaggio che non è conosciuto tanto quanto quello interpretato da Girone e ho molte meno zavorre da portare avanti. D'altra parte, fin dalla tradizione manzoniana de "I Promessi Sposi" il romanzo italiano è uno strumento per raccontare la realtà politica e sociale di un periodo storico. Riguardo al rapporto con il denaro, credo sia una peculiarità della condizione umana moderna, caratterizzata dall'intreccio sempre più stretto tra interiorità e materialismo, anima e soldi». Se, dal canto suo, Remo Girone dichiara di non aver mai conosciuto Tanzi e «l'unica cosa che mi avvicina a lui è la fedeltà alla moglie», per il regista (al suo secondo film dopo "La ragazza del lago") «la storia della Parmalat era paradigmatica per capire ciò che è avvenuto e avviene nei sistemi della finanza. Sistemi che sono inaccessibili alla maggior parte della gente, ma che investono drammaticamente la vita di tutti i cittadini quando fallimenti e buchi neri vengono scoperti in modo inaspettato e finiscono con lo sconvolgere l'economia reale. Dietro agli intricati mondi della finanza spesso si affacciano uomini non sempre all'altezza dei ruoli che ricoprono. Per questo, ho voluto raccontare i comportamenti di chi si è reso protagonista di quegli eventi, ispirandomi anche ai film d'inchiesta degli anni '70 e al "Caso Mattei" di Rosi in particolare». A differenza della vicenda Enron e degli scandali finanziari internazionali, la storia italiana presenta analogie diverse. «L'imprenditore italiano - ha spiegato Ludovica Rampoldi che ha scritto il film con Molaioli e Romagnoli - a differenza di quello americano mostra parole di disprezzo nei confronti del denaro, parole che poi puntualmente smentisce nei fatti. Almeno Jegg Skilling, ad della Enron, ammetteva che scopo di tutto erano i soldi. Invece, nell'imprenditore italiano si verifica una sorta di scissione, di schizofrenia tra propositi ed azioni. La religione e la morale sono, ad esempio, elementi fondamentali per questa classe dirigenziale, sono strategie di comunicazione e maschere dietro cui nascondere i propri misfatti. Come la squadra di calcio, che per molti imprenditori, nonostante sia una perdita, diventa un biglietto da visita importante». Nel film, Rastelli/Tanzi possiede una squadra di calcio che verrà messa sul piatto della bilancia quando l'imprenditore, sull'orlo della bancarotta, chiederà aiuto al presidente del Consiglio. «Ci hanno raccontato che Tanzi andò da Berlusconi per farsi salvare - ha svelato la Rampoldi - e che i due finirono per parlare di calcio: il premier gli chiese allora, in cambio di un suo interessamento, il giocatore più rappresentativo del Parma, Gilardino». Ma in realtà la cronaca dei fatti era diversa e racconta che alla fine del 2003 venne accertato il crack, mentre Gilardino diventò un giocatore del Milan nel 2005. Nel cast ci sono anche Sarah Felberbaum, Fausto Maria Sciarappa nel ruolo di Schianchi, collaboratore di Rastelli/Tanzi e Lino Guanciale nella parte del direttore commerciarle della Leda: in lui è riconoscibile la tragica figura di Alessandro Bassi, ex collaboratore di Tanzi «precipitato» da un ponte poco dopo l'inizio delle indagini. Musicato da Teho Teardo, «Il gioiellino» non racconta però le conseguenze del crack, per rimanere sempre dentro le stanze del potere finanziario. Frase cult del film è quella detta da Toni Servillo ai giornalisti, che lo intervistano subito dopo l'arresto: «Possiate morire di morte lenta e dolorosa voi e i vostri cari», frase realmente pronunciata da Fausto Tonna, ex direttore finanziario della Parmalat.

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