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Falqui: un amore chiamato Rai

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diGIGI MARZULLO Antonello Falqui, ci racconti il rapporto con suo padre. «Papà era Enrico Falqui, un critico letterario che scriveva anche per Il Tempo e ha lasciato in eredità il rigore, la precisione». E sua madre? «Mia madre, Alberta, era una donna di casa e da lei ho imparato l'amore». L'incontro con Mina le ha cambiato la vita? «In quel momento sì, fu una bella storia. Mina era una donna curiosa, affascinante, oggi un ricordo importantissimo della mia vita. Ritengo abbia fatto bene a ritirarsi dalle scene un po' come Greta Garbo. Mina odiava tutto ciò che concerne l'apparato di uno studio televisivo, le diete forzate, il trucco, persino il pubblico. Non ci sentiamo più da anni. In fondo siamo due timidi e forse non sapremmo cosa dirci». Romano di Roma? «Sì, ho sempre vissuto a Roma anche se il mio cognome nasconde origini sarde». Qual è la buona televisione? «Non esiste la buona televisione, almeno non nell'intrattenimento. Oggi la trovo carente. Amo i documentari, ma non esistono più i varietà, non li sanno fare e non li possono fare perché il varietà ha bisogno di tempo per essere costruito e oggi di tempo non ne danno più. Inoltre il pubblico ha ormai il palato guastato, chi guarda il "Grande Fratello" non guarderebbe "Studio Uno"». Occorrono molti anni per diventare bambino... Lei lo è? «Sì, sono ancora oggi molto curioso e se vedo una bella donna certo che mi volto a guardarla». Cos'è l'amore? «Un feeling che si registra fra due persone, a volte anche misurandosi con il dolore». Si può vivere un amore senza il matrimonio? «Certamente. Esistono migliaia di storie d'amore mai sfociate nel matrimonio». Atonello Falqui padre... «Poco sollecito, forse poco presente». Antonello Falqui marito... «Stessa cosa. Ho avuto due donne molto comprensive nella mia vita in tutti i sensi. La prima è la madre dei miei figli. L'attuale, più giovane di me, sposata dopo la morte della mia prima moglie». Antonello Falqui regista... «Mi descrivono come un regista pignolo e burbero, forse lo sono stato. Oggi l'età mi ha addolcito molto». Antonello Falqui e la Rai... «Ho iniziato in Rai la mia carriera: era il 1952 ed ho fatto 754 trasmissioni. Non ho mai tradito la Rai, l'ho sempre sentita a casa mia ed ho sempre avuto ottimi rapporti con i direttori generali, soprattutto con Bernabei che considero il più liberale in assoluto». La Rai sarà sempre la Rai? «Sì, la Rai è insostituibile perché è molto meno volgare di tante altre televisioni ed intendo per volgarità il cattivo gusto». Ha paura della morte? «Ho paura dell'idea di scomparire sì, ho paura della morte e ci penso spesso». Crede in Dio? «No, ritengo che finita questa vita finisca tutto come per qualunque altro animale». Un suo pentimento. «Non ne ho. Perché dovrei averne?» Quanti errori ha commesso nella vita? «Ho commesso diversi errori, credo di averne pagati pochi, ma non mi pento di nulla». È contento dei suoi 85 anni? «Professionalmente sì, per quanto riguarda la mia vita privata un po' meno, credo di averla trascurata un po'». È sempre stato un uomo libero professionalmente? «Sì, ed è anche per questo che non ho mai tradito la Rai. Ho avuto tante offerte, ma non ho mai accettato. In Rai mi hanno sempre lasciato stare. Forse anche perché non ho mai esagerato». Ha mai pensato di lasciare la Rai? «No, mai». Voleva fare cinema, perché non l'ha fatto? «Perchè nel 1952 mi proposero la televisione ancora in fase sperimentale. Successivamente la Rai mi assunse. In fondo, il linguaggio del cinema allora era simile a quello della televisione». L'incontro con Paolo Panelli... «Un genio di comicità e non solo. C'è del genio anche nei suoi meravigliosi quadri in legno». E Mastroianni? «Fantastico. Un perfezionista come me. Giorni interi di prove, prima di andare in scena». Rossella Falk? «Con lei feci "Applause" nell'81, una vera dominatrice del palcoscenico». Walter Chiari «Un grande amico, un grande comico. Geniale». Crede nel matrimonio? «Sì, altrimenti non mi sarei risposato». La vita è un sogno? «A volte, non sempre». È finita quando è finita? «La vita sì, il resto no, l'arte ad esempio non finisce».

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