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Ma i contrasti cancellano la Nazione

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Eper questo ha l'occhio lungo. La domanda sembra retorica ma non lo è e la risposta sta tutta nel suo «Viva l'Italia», un'appassionato saggio sul nostro Paese dal Risorgimento alla «federalizzazione» padana, passando per i tormenti della Resistenza. Cazzullo ha la penna veloce e l'animo umoristico (leggetevi la manciata di righe nelle quali spiega che i giovani di oggi confondono il Risorgimento con il Rinascimento), ma gli argomenti che sottopone sono «pesanti». Ad un passo dal centocinquantenario dell'Unità il panorama italiano è tutt'altro che confortante. I fondamenti del nostro Pese: il Risorgimento e la Resistenza sono diventate burlette. «Viva l'Italia» è diviso in cinque capitoli più una prefazione che non poteva che essere di Francesco De Gregori, autore di quella canzone «Viva l'Italia» che riuscì a creare imbarazzo sia a destra che a sinistra. Si parla del duce, del Risorgimento, della Prima Guerra mondiale, dei martiri della Resistenza e infine dell'oggi. Il capitolo più sentito è, probabilmente, quello sul conflitto '15-'18. Il Risorgimento (sempre da non confondersi con il Rinascimento... ve lo immaginate Mazzini che tira il martello al Mosè gridando: «Perché non parli?») è stato un bagno di sangue, ma comunque limitato e circoscritto. La Grande Guerra fu un'immane carneficina e vedere oggi che si sottovaluta se non addirittura si disprezza quello per cui morirono tanti milioni di giovani fa un gran brutto effetto. Cazzullo offre un panorama inedito: mette i padri della Patria, quelli che campeggiano nei paragrafetti dei libri di Storia, accanto ai protagonisti di oggi. Spezza la retorica risorgimentale e la riporta alla sua reale essenza. E poi si domanda: ma oggi cosa resta? Probabilmente Aldo Cazzullo ha scritto questo libro perché il suo ortopedico, ogni volta che gli fa scrocchiare qualche giuntura esclama: «Viva l'Italia» (lo dice lui stesso). Non sappiamo perché Cazzullo abbia una così assidua frequentazione con un ortopedico, speriamo per motivi non gravi. Comunque è vero che il nostro sacro Paese oggi è ridotto ad un «posto», un luogo dove si sta senza neanche rendersi conto di quale fortuna sia esserci nati. Il saggio è suadente e ironico, ma in tutto il suo scorrere lancia un monito: «A 150 anni dalla sua nascita, per la prima volta la nazione è minacciata dall'interno...». Il Risorgimento (e cerchiamo di evitare confusioni) è dimenticato, come dimenticati sono i milioni di italiani non fascisti durante il fascismo. La resistenza è diventata una cantilena della sinistra e con Pansa i partigiani sono ormai (quasi) tutti cattivi. E dietro l'angolo cosa ci aspetta? Una secessione non conclamata, strisciante che, francamente, è la brace dopo la padella.

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