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Bono perde il Nobel ma conquista Roma

Bono, leader della rock band degli U2

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Non ce l'ha fatta neppure stavolta, ma forse sarebbe stato troppo. Il Nobel per la pace è andato al dissidente cinese Liu Xiaobo, e il candidato Bono è rimasto per l'ennesima volta a bocca asciutta: però di motivi per festeggiare i 75mila fans dell'Olimpico (tra questi anche Totti con Ilary, Fiorella Mannoia, Pino Daniele, Minzolini, la Melandri e il ministro Prestigiacomo) gliene hanno offerti a piene mani, in questo concerto finale del segmento europeo del 360° tour. Alcuni hanno atteso gli U2 trenta ore prima dell'apertura dello stadio, e nei momenti più suggestivi dello show le curve e la Tevere si sono trasformate in immense bandiere italiane e irlandesi e in una scritta "One". Coreografie realizzate alzando semplici foglietti colorati, un espediente fatto in casa che contrasta con la magniloquenza tecnologica dell'Artiglio, il futuribile palco in gran parte responsabile dei faraonici costi della tournée, che superano i 310 milioni di dollari. Ma nella serata romana c'era da celebrare molto di più della temporanea conclusione (si ricomincia il 25 novembre da Auckland, Nuova Zelanda) del più colossale giro di concerti della storia del rock. In qualche modo, lo spettro di John Lennon di sicuro osservava con attenzione Bono: se c'era un musicista che il Nobel per la pace lo meritava davvero era proprio l'ex Beatle. Oggi Lennon avrebbe compiuto settant'anni, e forse avrebbe rimproverato Bono per aver alimentato troppo il suo lato da istrione: come ha fatto nella criticata campagna etica per la moda, dove si è fatto fotografare per lo spot Vuitton mentre scende da un aereo in Africa con la moglie Ali. Lo spettacolo è comunque una rodatissima macchina da guerra: un calcolato mix di formidabili successi in una carriera ultratrentennale (da "Beautiful day" a "I still haven't found" a "Sunday bloody sunday" dedicata a Saviano e "Walk on" per la birmana Aung Suu Kyi poi "One", quella summa pop dell'amore tormentato che inaugura i bis) fino agli inediti che raccontano di un percorso creativo tuttora in evoluzione. Giorni fa il produttore Steve Lillywhite aveva giudicato un «fallimento» l'ultimo disco "No line on the horizon", salvo poi fare marcia indietro. In effetti sono ormai pochi i pezzi di quel cd proposti dal vivo, ma due perle come "Magnificent" e "Moment of surrender" valgono il prezzo del biglietto. Che era comunque salatissimo, per chi si propone come il campione della lotta alla povertà.

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