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Amore sacro & profano

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diDINA D'ISA Una bella favola sospesa tra un horror metafisico dell'anima e una storia d'amore che, pur di resistere al tempo, è pronta a sovvertire i ruoli classici condivisi tra moglie e marito. Questo il pretesto narrativo di «Una sconfinata giovinezza» di Pupi Avati, film che aveva suscitato molte polemiche per l'esclusione nel concorso ufficiale della scorsa Mostra di Venezia e sbarca ora nelle sale (venerdì) in oltre 200 copie distribuite da 01. Nel cast, Fabrizio Bentivoglio, nei panni di un giornalista sposato con una docente di Filologia Medievale alla Gregoriana (Francesca Neri). La coppia è felicemente coniugata e unita anche da un grande dolore, quello di non avere avuto figli. Finché per il marito arrivano i primi sintomi del morbo di Alzheimer: comincia a dimenticare nomi e cose, tende sempre più a ricordare il passato lontano, legato alla sua casa d'infanzia, quando orfano viveva con nonni e zii. La moglie accoglie prima con leggerezza e ironia i disturbi del marito, ma, confermato dai medici il decorso inesorabile della malattia, la donna non riesce più a sopportare le fasi umorali dell'uomo, causate dal morbo, con tutti i risvolti violenti del caso. Alla fine, prevarrà però l'amore per il marito che lei asseconderà nel suo processo regressivo, amandolo e coccolandolo come fosse quel figlio che non ha mai avuto. «L'intera mia vicenda personale ruota attorno a una storia d'amore che dura da 46 anni, vissuta sempre accanto alla stessa donna, mia moglie, con la quale litigo tutti i giorni e per questo la ringrazio, perché mi mette sempre in uno stato di agitazione - spiega Avati - Non si può lasciare una donna così, mentre è più facile abbandonare una moglie geisha di cui alla fine ci si stanca. Ho voluto ripescare molto anche nella mia infanzia, trascorsa sull'Appennino Bolognese, periodo che torna sempre in tutti i miei lavori, tra gite scolastiche, amori di ragazzi e ragazze, orchestre e feste di laurea. Certo, in questo film, oltre all'amore, c'è anche la patologia e il rapporto con il tempo. D'altra parte, quando si raggiungono i 72 anni si tende a dismettere la nostalgia verso la propria giovinezza per far prevalere la nostalgia verso la propria infanzia. Inoltre, questo felice amore coniugale al cinema potrebbe essere considerato quasi uno scandalo. Invece, è una realtà che vivo tutti i giorni con mia moglie, la cui mancanza sarebbe per me insopportabile. Oggi i produttori realizzano commedie e film comici e se ne capisce il motivo visto che ai botteghini vincono sempre film che raccontano storie ridanciane o di cortile. L'Italia vuole questo tipo di cinema, ma a me piace andare controcorrente». Riguardo infine all'esclusione del suo film alla Mostra di Venezia, Avati sottolinea che «si tratta di un episodio ormai metabolizzato e dimenticato. Anche se allora rimasi sbigottito e non sono davvero solito a mostrare certe reazioni». Per Bentivoglio «Una sconfinata giovinezza» è un po' «come una favola ricca di poesia. E potrebbe iniziare così: c'era una volta Chicco e Lina, che si amavano tanto, ma non avevano figli. Finché un giorno Lino decise di tornare bambino per rendere felice la sua adorata Chicca». Mentre per Francesca Neri «il film è un storia romantica che trasforma l'amore coniugale in quello materno. Pupi mi ha subito detto che in scena dovevo apparire invecchiata di almeno 10 anni rispetto alla mia fisicità. Ma la cosa non mi ha preoccupato affatto, l'aspetto fisico per un'attrice deve essere l'ultimo dei problemi, non importa se un personaggio è più giovane o più anziano e in questo caso non si tratta di un invecchiamento, ma semmai di un'evoluzione. Questa è una storia d'amore piuttosto insolita per il cinema di oggi: il morbo di Alzheimer è conosciuto ma poco trattato nei dettagli ed è clinicamente possibile che si manifesti precocemente. Ci sono stati molti film americani sull'argomento, ma in Italia c'è sempre una sorta di repulsione rispetto alla malattia e, a maggior ragione, nei confronti della sua spettacolarizzazione. Tra i due protagonisti la malattia costituisce persino un elemento per rafforzare ancora di più la dedizione della donna verso il proprio uomo».

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