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(...) perché in genere "appartiene agli spiriti pesanti, che rende più grevi con i bagagli di cui li sovraccarica".

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Eppureil passato pesa sulla nostra coscienza e sul nostro stesso presente. Ed è giusto che, in qualche modo, lo si ricordi. Per amore della verità storica. Per troppo tempo, in un paese come il nostro, dove l'egemonia culturale di derivazione gramsci-azionista ha fatto il buono e il cattivo tempo, la memoria storica è stata quasi esclusivo appannaggio dei progressisti. Così l'attenzione, a livello ufficiale e mediatico, è stata concentrata sulle orribili stragi del nazismo e sull'immane tragedia della Shoa, mentre altri drammi della storia del XX secolo venivano ignorati, dimenticati o messi, forse per cattiva coscienza, a tacere: le foibe, per esempio, o le fosse comuni di Katyn. Pur dopo il crollo dell'ideologia comunista e la fine dei regimi fondati sul socialismo reale, sembrò a molti, cresciuti all'ombra dell'egemonia culturale di sinistra, "politicamente scorretto" avviare una riflessione critica complessiva sugli orrori del Novecento. Eppure, che il Novecento sia stato il secolo dei totalitarismi, di destra e di sinistra, è fuor di dubbio. La rivoluzione russa del 1917 portò al potere la filosofia del marxismo-leninismo e la tradusse in istituzioni. Queste avevano il loro supporto nella grande illusione - lo storico François Furet l'ha definita "l'universale fascino dell'Ottobre" - di creare il Paradiso in terra. Tutti i mezzi erano leciti, anzi necessari, per realizzare questa speranza escatologica: purghe permanenti, terrore di massa, gulag istituzionalizzato, totalitarismo. Poco dopo l'avvento del comunismo, l'Europa vide nascere e affermarsi fascismo, altri regimi autoritari, nazionalsocialismo. E tutta la vicenda storica del Novecento ne fu condizionata. Il XX secolo fu, dunque, il secolo dei grandi drammi storici, dei totalitarismi, degli orrori. Per esorcizzarli bisogna conoscerli, bisogna misurarsi con quella che potremmo chiamare - parafrasando, anzi stravolgendo, una espressione di Milan Kundera - "l'insostenibile pesantezza del passato". A questo spirito si ricollega una lodevole iniziativa messa in cantiere dall'Assessorato alle Politiche Educative Scolastiche della Famiglia e della Gioventù del Comune di Roma e rivolta agli istituti secondari di II grado della capitale: un percorso di studio e di viaggio a Praga nell'ambito di un programma di "viaggi della memoria". È una scelta intelligente perché la capitale mitteleuropea è stata, a livello simbolico, il luogo nel quale si infransero le illusioni della Nuova Europa nata dalla "guerra civile europea" del 1914-1918 e il terreno sul quale si confrontarono, si scontrarono, si alternarono, talora in un macabro gioco delle parti, i totalitarismi del Novecento. Lì - in quel territorio intriso di antica cultura, animato da fervida e vivace borghesia, idealmente proiettato verso l'Europa occidentale - si infranse l'utopia della creazione artificiosa di uno Stato multietnico. Lì maturò il dramma della cinica spartizione di uno Stato ad opera dei totalitarismi con l'avallo delle democrazie. Lì, ancora, si registrarono gli orrori della feroce dittatura filonazista, il faticoso ritorno alla democrazia, il colpo di Stato del 1948 e la cupa stagione della trasformazione del paese in una delle repubbliche popolari. Lì, infine, dai drammatici eventi della cosiddetta "Primavera di Praga" giunse un insegnamento preciso e cioè che anche il "socialismo dal volto umano" caro a Dubcek era soltanto un sogno, perché si limitava, velleitariamente, a cercare una revisione o un distacco dal modello dell'Urss rimanendo pur sempre iscritto in quella che François Furet ha chiamato "l'immaginazione comunista" secondo un percorso logico riassunto dalla frase di Lukàcs: "il peggiore dei regimi socialisti è sempre migliore dei regimi capitalisti". Il percorso e il viaggio della memoria a Praga messo in cantiere dal Comune di Roma è, dunque, un percorso all'interno di tutta la storia del Novecento. Un percorso emblematico, e carico di significati, che può contribuire, davvero, a formare le nuove generazioni, facendole riflettere criticamente sugli esiti disastrosi del predominio delle ideologie. E può riscattare la stessa funzione pedagogica della memoria facendo sì che essa non sia più, per riprendere la battuta di Chateaubriand, un "attributo della stupidità", ma un segno di maturità civile.

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