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Saint-Michel, l'isola che non c'è

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MontSaint-Michel, che dal 1979 fa parte dei patrimoni mondiali dell'umanità dell'UNESCO, è un isolotto roccioso situato presso la costa settentrionale della Francia. Su di esso è stato costruito il santuario in onore di san Michele Arcangelo, per proteggere dai pericoli del mare. La particolare architettura del santuario e la baia nel quale l'isolotto sorge con le sue maree ne fanno il sito turistico più frequentato della Normandia e uno dei primi dell'intera Francia, visitato da più di tre milioni di turisti ogni anno. Partiamo in gruppo da Bari per realizzare un documentario su San Michele: L'angelo volò dalla Puglia alla Normandia. Giorgio Otranto, docente di studi storici e cristiani, ha ottenuto un finanziamento dalla Regione Puglia e chiede alla Rai di raccontare la diffusione del culto del santo in Europa partendo da un documento dell'VIII secolo nel quale si raccontano le prime apparizioni dell'arcangelo Michele sul Gargano, risalenti al lontano V secolo: tre volte apparve a un vescovo sipontino per comunicargli di aver scelto di proteggere e custodire quella terra e i suoi abitanti. Disse loro che dovevano pregarlo in una grotta scavata nelle viscere della montagna, luogo di misteri e miracoli. Otranto mi spiega, grattandosi i radi capelli bianchi, che da allora santuari in onore di Michele si sono sparsi a macchia d'olio prima nell'Italia meridionale, poi nel resto della penisola fino a raggiungere l'Europa del Nord, la Francia, la Normandia. Su due fuoristrada prendiamo posto in otto e in un niente si staglia dinnanzi ai nostri occhi il Gargano: una breve sosta alla grotta originaria, presso Monte Sant'Angelo, poi siamo a Cagnano Varano, dove c'è una altra grotta, quasi uguale alla prima, in cui stillano dalla roccia umori ritenuti miracolosi. Di qui, tagliando per il subappennino dauno, imbocchiamo quella che pare essere stata l'antica via dei longobardi verso Benevento e saltiamo di proposito le grotte di Monticchio, di Olevano sul Tusciano e del Monte Faito: il viaggio è lungo e la curiosità della meta aumenta. Tiriamo così fino a uno scomodo albergo della periferia di Roma. Un giorno intero per raggiungere il Piemonte, in un sole che dà le allucinazioni, molte soste per permettere all'operatore di filmare i fuoristrada in movimento. Ad attenderci in Val di Susa c'è Giuseppe Sergi, noto medievista che sa tutto della Sacra di San Michele. Alla fine del X secolo, spiega sotto l'occhio della telecamera, venne costruito sul Monte Pirchiriano un santuario dedicato a san Michele, in una posizione naturale altamente suggestiva, esattamente a mezza strada tra la Normandia e il Gargano. Nel 1994 il santuario fu adottato come simbolo della regione Piemonte. Occorrerebbero riprese aeree per garantire la suggestività del posto, precisa. Ci torneremo in un altro momento, lo rassicuro. Sbrighiamo con qualche difficoltà le pratiche per il passaggio doganale e filiamo tra le montagne francesi. La strada è lunga, il viaggio richiede giorni. Faremo tappa a Parigi, da dove, a detta di Otranto, parte un pellegrinaggio a piedi, simile a quello per Santiago de Compostela, che porta fino alla Normandia, a Mont Saint-Michel. A Parigi, dove dormiamo due notti, si aggiunge il professor Vauchez, un'autorità sulla santità nel Medioevo. Spiega in video che nel 708, secondo il racconto di una leggenda, a Oberto, vescovo di Avranches, apparve in sogno san Michele ordinandogli di fondare una chiesa in suo onore. Oberto invia dalla Normandia alcuni messi al Gargano per prelevare le reliquie dal santuario di Monte Sant'Angelo. I messi presero addirittura un lembo del mantello dell'arcangelo e frammenti di roccia dell'altare e, al ritorno, avviarono la costruzione dell'edificio a imitazione di quello garganico su un promontorio, il Tomba, che divide la Britannia dalla Normandia. Il luogo venne denominato Mont Saint-Michel au peril de la mer (al pericolo del mare) perché legato alla terraferma da una lingua di sabbia e collocato in mezzo a una baia battuta dall'alta e dalla bassa marea: insomma un posto pericoloso e straordinario nello stesso tempo. Ripartiamo finalmente alla volta della Normandia. Ci toccherà fermarci in un paesino, lasciare l'auto e attraversare a piedi un tratto di sabbia. Una volta intravisto da lontano, il Mont Saint-Michel ha qualcosa di magico e surreale. Con la bassa marea di questa mattina la distesa di sabbia si allunga per molti chilometri e ci appare infinita, scintillante sotto i raggi del sole. Una crescente emozione ci accompagna alle pendici dell'isolotto roccioso e iniziamo la nostra ascesa. Ci arrampichiamo su per le scale di roccia bruna, verso il sommo di questa meraviglia dai costoloni come un granchio appeso al cielo. Si inizia a scorgere un po' alla volta il mare della Manica, muto e lattiginoso. Affondo nella cripta Notre- Dame-sous-Terre, mentre una guida esperta racconta che si tratta della parte più antica del complesso, costruita nel X secolo ma forse anche prima. Lo strato che sta sulla nostra testa invece è un andirivieni di cripte, cappelle, camere, scale risalenti all'epoca romanica. Una roba a strati, come la chiesa di Trani. «Mont Saint-Michel» dice con voce sommessa e rispettosa del posto Vauchez, «chiudeva i confini settentrionali del regno normanno che aveva a sud come luogo sacro di riferimento il santuario di San Michele al Gargano». La guida continua raccontandoci che già dal X secolo, inoltre, il luogo era stato colonizzato dai benedettini e che da allora la fama dell'abbazia era stata intimamente connessa alla storia nazionale francese. Una marea di giapponesi si accalca ai portali d'ingresso della chiesa abbaziale. È il turismo orientale che tiene in piedi ormai i beni architettonici dell'Occidente. L'abbazia è abbellita da guglie, pinnacoli, tetti spioventi e gocciolatoi, gira intorno a un chiostro rettangolare e per le arditezze architettoniche e lo splendore del gotico fu denominato «la Merveille», la Meraviglia. Ma una meraviglia è ancora oggi l'immagine del complesso, dichiarato patrimonio dell'Umanità, nei giochi di ombre e di luci che lo sottraggono al buio, nella sua fantasiosa elevazione sul silenzio nebbioso del settentrione.

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