Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Il Corso stonato col tic dell'opera

default_image

  • a
  • a
  • a

Poconoto invece è rimasto quanto la musica contò nella vita dell'imperatore. Ai suoi gusti musicali ed al ruolo che la musica ebbe nella sua vita ha dedicato attenzione Théo Fleischmann (il suo «Napoléon et la musique» è del 1965) cui recentemente ha fatto eco David Chaillou con «Napoléon et l'Opéra» - La politique sur la scène 1810-15». L'argomento era liquidato con la semplice considerazione che Bonaparte era stonato nel canto, difetto che non doveva tuttavia impedirgli di possedere un buon orecchio e soprattutto interesse per la musica. Certo le sue nozioni in materia dovevano essere elementari. Sin da giovane aveva però raccomandato alla sua fidanzatina Desirée Clary, destinata a diventare regina di Svezia al fianco del fedele Bernadotte (sarebbe stato lui nel 1798, ambasciatore francese a Vienna, a esortare Beethoven a scrivere una Sinfonia Eroica dedicata a Napoleone) di studiare canto. In appassionate lettere sosteneva che «la musica, di tutti i talenti, è quello che maggiormente attiene ai sentimenti e che possiede i più felici effetti sulla vita» o che «di tutte le arti la musica è quella che ha più influenza sulle passioni, quella che il legislatore deve maggiormente incoraggiare». Castil-Blaze conferma che Napoleone fu un «ammiratore appassionato della musica italiana, conoscitore e persino correttore ingegnoso di partiture». In effetti egli nutriva ammirazione per l'anziano Paisiello, da lui invitato espressamente a Parigi per scrivere un'opera: ma la «Proserpine» (1803) apparì al primo console troppo francese e poco napoletana. A Paisiello toccò però stilare la «Messe du Sacre» per la cerimonia solenne dell'incoronazione in Notre Dame (1804). Tra le arie paisielliane favorite di Napoleone «Nel cor più non mi sento» che amava farsi cantare nelle pause delle campagne militari. Altri compositori attraversarono poi con alterne fortune la strada di Napoleone. Il peggio toccò a Cherubini che entrò in rotta di collisione col Bonaparte. Nel 1797 aveva partecipato alla commemorazione musicale della morte del generale Hoche. Ma aveva poi reagito poco diplomaticamente alle osservazioni del trentenne generale («si può essere abili sul campo di battaglia e non essere esperti di armonia»), il che portò il gelo nei rapporti tra il fiorentino ed il corso, relegando il primo a palcoscenici secondari, come quello dell'Opéra comique. Più soddisfacente il rapporto con Napoleone del marchigiano Spontini, maestro dell'imperatrice Giuseppina. A lui dopo il successo de «La Vestale» (1807) fu addirittura commissionata, alla vigilia della invasione della Spagna, un'opera di valenza politica. Nelle idee del committente il «Fernand Cortez» (Opéra, 1811) doveva promuovere l'idea di una pacifica convivenza tra vinti e vincitori. L'opera, incentrata sulla conquista spagnola del Messico, finiva però con l'esaltare la resistenza azteca. Ammiratore di cantanti, Napoleone diviene bersaglio di attentati proprio in concomitanza di apparizioni pubbliche per eventi musicali, come per gli «Horaces di Porta» all'Opéra nel 1800 (sessanta congiurati in azione al momento convenuto del coro del giuramento) e alla prima francese de La Creazione di Haydn (1800) con l'esplosione di una bomba al passaggio della sua carrozza. Più che la retorica musica di regime o le musiche militari che accompagnavano le parate del Campo di Marte conta che nel 1806 il celebre Prix de Rome, che concedeva ai migliori giovani artisti francesi una borsa di studio per un soggiorno a Villa Medici a Roma, fu esteso per volere imperiale anche ai giovani musicisti. Insomma alle orecchie del «fulmine» corso non erano graditi solo trombe e tamburi, ma ancor più la semplice melodia, sola panacea ai tormenti e alle angosce della vita.

Dai blog