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Quel razzismo strisciante

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RobertaMaresci Atmosfera alla "Twin Peaks" di David Lynch per il migliore e più atteso thriller svedese dell'anno di Olle Lönnaeus. Uscito otto mesi fa, la Newton e Compton si è aggiudicata i diritti di stampare "Il bambino della città ghiacciata”, edito dalla casa editrice Damm, in un'asta, battendo sul filo dei centesimi le offerte di altri cinque editori italiani. Lo scenario è consueto: un reporter indaga sui delitti, finendo per essere il primo sospettato. I tempi sono lenti, in linea con il giallo scandinavo, solo che Lönnaeus ci spiazza incuriosendoci. Semplicemente, sbattendoci in faccia l'indagine poliziesca che appare piuttosto un pretesto per fare luce sul razzismo nascosto nelle pieghe più oscure della civilissima società svedese. E questo non è certo un difetto, anzi è quel valore che rende il racconto qualcosa capace di andare oltre un semplice thriller. Certamente, a fare la differenza ci pensa lo stile nel raccontare una Svezia in miniatura, dove quelli che non odiano hanno la pericolosa tendenza a tacere. Lo scenario è quello della palude della Scania, dov'è sotterrata una storia ora portata alla luce. "Il mio libro racconta di Konrad Jonsson, un giornalista freelance che ha base a Berlino – racconta l'autore - Egli torna a Tomelilla dopo aver scoperto che i suoi genitori adottivi Herman e Signe sono stati uccisi. Una volta nel paesino in cui è cresciuto, Kornad inizia a riflettere a ciò che poteva essere successo alla madre, la polacca Agnes, scomparsa quando il protagonista era solo un bambino. Io stesso sono di Tomelilla. Questo e il giornalismo sono le uniche cose in comune tra Konrad e me – continua il detective story - ma anche se da anni abito a Lund e lavoro a Malmö, il villaggio nella zona dell'Österlen esercita su di me un forte fascino. Non è il suo aspetto pittoresco e ordinato che mi attira. Piuttosto sono le difficoltà e la schiettezza. Le case dalle facciate rotte. Il vento pungente delle vie cittadine. E tutti i volti che si pensa di riconoscere. I piccoli paesi di campagna non sono sempre luoghi idilliaci. Esiste la desolazione. La solitudine e la diffidenza. Il terrore che quello che si vuole evitare diventi chiaro a tutti. I personaggi del mio romanzo sono fittizi, così come le vicende. Ma la cosa non mi ha impedito di inserire ed elaborare liberamente alcuni fatti accaduti nella realtà". D'altronde Lönnaeus se ne intende di odio verso gli stranieri: se ne occupa da almeno vent'anni, per lavoro. Che si sia finalmente trovato un erede morale per Stieg Larsson? Una cosa è certa: il successo della trilogia "Millennium” è stato sicuramente il trampolino di lancio per un sacco di scrittori svedesi. Intanto sappiamo che questo romanzo farcito di humor, assurdi avvenimenti e una terribile verità, è in traduzione in sette paesi europei.

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