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Musica romana Un toccasana il decreto Fus

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Manon ci accodiamo al coretto che ha sparato sul decreto legge in materia di fondazioni lirico-sinfoniche. Da un lato, il vostro "chroniquer" è sempre stato stonato. Da un altro, il provvedimento è un primo passo sulla "strada giusta" (come sostiene Filippo Cavazzoni - unica voce dissidente, con la mia, dal "coretto" - sul "Chicago Blog" dell'Istituto Bruno Leoni, non certo contiguo al Governo). Da un altro ancora, il decreto contiene misure importanti sia immediate sia in potenza per dare a Roma la centralità che merita. La prima bordata di critiche riguarda la necessità di una misura d'urgenza come un decreto legge. Con 7 delle 14 fondazioni dai bilanci consuntivi in rosso, tre appena uscite dal commissariamento, altrettante prossime ad esserlo, con sovvenzioni pubbliche (pur pari alla metà dell'intero Fus, Fondo unico per lo spettacolo) che non coprono il costo dei dipendenti (voce in escalation), da due anni sostengo su «Il Tempo» l'urgenza di prendere misure prima che la lirica passi dalla rianimazione alla camera ardente. L'intervento, indispensabile, è sulla maggiore voce di costo: il personale, allineandone la contrattazione ed altre regole al resto del settore pubblico (dato che Pantalone lo paga interamente). È difficile capire perché molti teatri italiani (con 7-10 opere l'anno in cartellone) hanno un organico analogo a quello della Staatsoper di Vienna (che nel 2010 offre 50 titoli e 10 nuovi allestimenti). Contrattazione nazionale tramite la mano pubblica (l'Aran), assunzioni legate al turnover e blocco delle abitudini di alcuni di non presentarsi alle prove per svolgere altra attività professionale sono misure in atto in Germania, Austria, Francia, Benelux, oltre che in Usa e Russia, nei confronti delle quali è difficile capire proteste e minacce di occupazione dei teatri. Portata l'Italia nell'euro, dobbiamo portare le migliori prassi europee nella Penisola. Pure nei teatri. Roma ha un posto privilegiato nel decreto in quanto si riconoscono le esigenze d'autonomia dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia per mantenere, ed accrescere, quello standard internazionale che l'ha resa famosa nel mondo. Ed il Teatro dell'Opera? Avremmo voluto che avesse pure lui un ruolo privilegiato, dato il carattere di rappresentanza del teatro lirico della capitale (peraltro riconosciuto per legge). Il decreto, però, è solo un primo passo. Il Teatro dell'Opera ha nuovo Sovrintendente, nuovo Direttore Artistico e nuovo CdA: diamo loro il tempo di presentare una programmazione di livello e di attuarla (attirando anche soci privati) in modo che possa fruire di uno status analogo a quello della Scala. Un tempo piazza Beniamino Gigli vinceva gare con la Scala (in termini di quantità e qualità di offerta); non è, quindi, traguardo irraggiungibile.

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