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Roma e le "perle" dimenticate

Il Sovrintendente ai Beni Culturali di Roma Umberto Broccoli inaugura la Fontana del Facchino (Foto Gmt)

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Campidoglio ed Eur, l'antico e il nuovo della Roma eterna. Nei loro musei siamo andati a caccia di alcuni gioielli dell'antichità accompagnati da una guida d'eccezione, il sovrintendente Umberto Broccoli, la stessa voce che ogni giorno, su Radiouno Rai, ci riporta indietro nel tempo "Con parole mie". Di quale, fra gli innumerevoli tesori delle collezioni capitoline, intende parlarci? «Vorrei soffermarmi sull'iscrizione funebre di Quinto Sulpicio Massimo di Porta Salaria, oggi nelle sale dei Musei Capitolini».  Chi era questo personaggio? «Un Enfant prodige morto appena undicenne nella Roma di Domiziano. L'iscrizione funeraria ci spiega la causa della sua prematura scomparsa: "Essendosi indebolito e ammalato per il troppo studio e l'esagerato amore per le Muse". A Sulpicio dedicò una noticina commossa anche il latinista Ettore Paratore nella sua celebre "Storia della Letteratura Latina"». Che cosa dire di questo piccolo poeta della Roma imperiale? «Sulla stele Sulpicio è raffigurato cinto con una corona d'alloro ricevuta sul Campidoglio nell'anno 94 a.C. in occasione della terza edizione del Certamen capitolinum in lingua greca. A quell'agone avevano partecipato altri 52 poeti provenienti da ogni parte dell'Impero, ma Quinto aveva destato l'ammirazione e lo stupore dei giudici». Che cosa canta nei suoi versi? «Il componimento da lui scritto fu fatto incidere dai genitori sul cippo funebre. È un poemetto di appena 40 versi in cui è immaginato un dialogo tra Giove ed Apollo. Il Padre degli dei rimprovera Apollo per aver lasciato condurre il carro del Sole allo scapestrato nipote Fetonte, da lui fulminato prima che bruciasse tutta la Terra». Quando è stata scoperta e dove si trovava originariamente la tomba del piccolo poeta? «Fu portata alla luce alla fine dell'Ottocento e si trovava inglobata nella torre occidentale di Porta Salaria sventrata dalle cannonate del 1870. Vi è raffigurato il giovinetto in toga con un volumen (rotolo di papiro) fra le mani. Un calco è stato ricollocato vicino al varco all'angolo tra via Piave e via Sulpicio Massimo, appunto. Nessuno ci fa caso, basterebbe alzare gli occhi per scoprire una storia bellissima seppur di 1900 anni fa». Se non sbaglio mi accennava a un altro misconosciuto tesoro delle Collezioni museali di Roma? «Le dice qualcosa il nome di Italo Gismondi? Dal 1919 al 1938 fu, tra le altre cose, sovraintendente delle antichità di Roma. Un mio predecessore insomma. Ora provi a ricordare con i suoi lettori il film "Il Gladiatore" con le sue ricostruzioni tridimensionali di Roma antica. Ebbene quelle spettacolari immagini in 3D sono state possibili grazie allo straordinario Plastico di Roma custodito nel Museo della Civiltà Romana all'Eur anche noto come Plastico Gismondi. Lo studioso vi lavorò dal 1935 fino al 1971 ridando vita, in scala 1:250, all'ipotetico volto dell'Urbe in età costantiniana, all'inizio del IV secolo. Un'immagine, quella del plastico, venduta in ogni negozio di souvenir, arcinota anche al di là dell'Atlantico, ma dalla storia e dall'autore misconosciuti.

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