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Il Piper è in festa nel nome del beat

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Mal al Piper

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«Perché non apriamo un locale con più di cento posti?». Questo frullava nella testa di Giancarlo Bornigia nell'inverno del '65, quando il patron del Piper decise di comprare quel deposito polveroso in via Tagliamento. Non poteva immaginare neanche lontanamente che quel posto sarebbe diventato nel giro di qualche anno il tempio del «beat», famoso in tutto il mondo. «Era un vecchio cinema ma non aveva mai funzionato - dice Bornigia guardando il suo "figlioccio" - Quando sono entrato per la prima volta era un deposito di mobili». Altro che deposito di mobili! Su quel palco sono passati alcuni tra i più grandi musicisti della «beat generation»: dai Pink Floyd ai Genesis passando per Duke Ellington e un'intera generazione di musicisti italiani. Qui hanno mosso i primi passi Renato Zero, Loredana Bertè e quella che sarebbe diventata famosa come «la ragazza del Piper», Patty Pravo. L'altra notte i vecchi amici del locale si sono dati appuntamento per spegnere 45 candeline. In prima fila c'erano Mal dei Primitives e Tony Santagata.  «Sono nato e cresciuto qui - si eccita Mal in giacca giallo canarino - e se non fosse stato per Bornigia oggi non ci sarei». Poi sale sul palco e appena si mette a cantare «Non posso bruciarmi con una come te» sembra di trovarsi in una macchina del tempo. Il pubblico si alza in piedi e va a scatenarsi sotto il palco. «Come ai vecchi tempi!», urla Mal. L'unica cosa che cambia è un po' di artrosi in più. «Vorrei saltare sul palco ma mi fa male la schiena. Niente da fare». Poco più in là se la ride Tony Santagata che appena può tira fuori dal cartoccetto una vecchia foto in bianco e nero che lo ritrae al Piper nel '71. «Qui si faceva arte vera - dice - Era un laboratorio». I bicchieri tintinnavano mentre veniva presentata la cartolina e l'annullo filatelico che le Poste hanno dedicato all'evento. I piperini di ieri portano sotto braccio i figli. Generazioni a confronto. «La magia del Piper era nella libertà che si respirava - dice un piperino col bicchiere in mano - le ragazze portavano la minigonna e tutti ci sentivamo liberi di essere noi stessi». Alle due di notte gli acrobati volteggiavano in aria e la Fenice rinasceva nel cuore della notte romana. E iniziano così altri 45 anni di movida.

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