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"Marpiccolo", un melò tra realismo e gangster story

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MARPICCOLO di Alessandro di Robilant, con Giulio Beranek, Anna Ferruzzo, Valentina Carnelutti, Giorgio Colangeli, Italia 2009 Un viaggio nella miseria, tra le strade della Gomorra tarantina, nel quartiere Paolo VI, dove Tiziano (l'intenso esordiente Giulio Beranek) è troppo giovane per vivere nel lato più desolante della città. A soli 16 anni fa già il capofamiglia, dopo che il padre ha abbandonato moglie e figli cercando il colpaccio al videopoker. E la madre ecologista (Anna Ferruzzo) non sa come crescere i figli da sola ma sa che vuole allontanarli dalla malavita. Tiziano è troppo sveglio per studiare e troppo poco per evitarsi guai. Così, per diventare un gangster cerca di derubare il boss di zona che, in cambio del perdono, gli commissiona un omicidio. Quando il giovane finisce nel carcere minorile, pare non esserci più nessuna speranza e nemmeno l'idea romantica dell'amore riesce a salvarlo. Eppure, in quel quartiere dove non c'è niente e quel che c'è è abusivo o illegale, ruota attorno a lui un'umanità buffa e contraddittoria che non si lascia demoralizzare. Tutti credono che Tiziano avrà una possibilità. Il regista alza il sipario su un mondo inquietante: quello di una Taranto devastata dai veleni dell'industria, con il mostro-Ilva che troneggia sullo sfondo a sporcare l'aria. Lì, ogni famiglia ha un morto per tumore o qualcun'altro che ha perso l'anima insieme con la speranza. Nel film, liberamente tratto dal romanzo «Stupido» di Andrea Cotti (qui anche sceneggiatore), emerge l'orrore di quello stabilimento siderurgico che, da un lato, produce un decimo dell'inquinamento di tutta l'Europa, e dall'altro, sembra capace persino di contaminare la gente con il virus della malavita e del cinismo. Il protagonista dovrà combattere contro entrambi i mali, in un melò tra realismo e gangster story.   Il realismo (con tanto di parentesi onirica) domina in modo disperatamente prevedibile, fino all'epilogo di un destino al quale è impossibile opporsi. La fuga di Tiziano è accompagnata dai coinvolgenti ritmi post rock dei Mokadelic, a testimoniare la rabbia e il mal de vivre giovanile. Se nel film è perfetta la scelta degli attori, di Robilant cede a volte il passo ad ingenue ed eccessive spiegazioni. Come quelle della prof Valentina Carnelutti o del mentore Giorgio Colangeli. Mentre, a tratti, rischia di apparire eccessivo il carattere del giovane, pronto a caricarsi addosso tutti i problemi di una gioventù marcia.  

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