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Il cardinale: ora stop alle ricerche

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«Improbabilianalisi più accurate». Dopo l'emozione dell'annuncio «che solo il Papa poteva fare, come solo il Papa poteva autorizzare l'intervento sulla tomba», è prudente il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura. Insomma, ha detto dalla Radio Vaticana, sarebbe controindicato proseguire nelle indagini sui resti di San Paolo per sapere di più «sul suo aspetto fisico, l'età al momento della morte, le condizioni di salute, e questo perché per aprire il sarcofago occorrerebbe demolire l'altare papale, forse anche il baldacchino di Arnolfo di Cambio». Spiega e avverte, il cardinale: «Abbiamo fatto un foro microscopico per entrare con una sonda, ma non possiamo far entrare la gente a vedere questo. Poco più di un anno fa abbiamo aperto il muro, che del V secolo e attornia la tomba. Attraverso un varco, oggi si può vedere il fianco del sarcofago di Paolo: un lavoro che abbiamo completato prima dell'Anno Paolino per dar modo ai fedeli di pregare davanti alla tomba di Paolo». Concorda la professoressa Paola Pelagatti, accademica dei Lincei a già docente di metodologia della ricerca archeologica all'università della Tuscia: «Per poter avere un'attribuzione più precisa sarebbero indispensabili altri accertamenti: sul sarcofago, sul lino, sulle ossa. Ma è impossibile agire senza manomettere o procedere in modo reversibile. L'intrusione inevitabilmente altera, anche se di norma deve essere seguita da un archeologo, un antropologo, un restauratore. E c'è poi un altro aspetto, di valenza morale: quelle spoglie, quelle ossa esigono rispetto. Io stessa, quando ho operato su sepolture etrusche, ho inviato i resti ai musei antrolopogici». Ma quanto vale l'esame del carbonio 14? «Adesso le tecniche sono così sofisticate che si riescono a dare risposte più convincenti. L'importante è che il materiale da esaminare non venga toccato, contaminato». Li. Lom.

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