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Dagli anni '50 ad oggi un amore senza fine

Richard Gere in American Gigolò

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Richard Gere in «American gigolò» forse non sarebbe sembrato così figo senza gli abiti firmati Giorgio Armani. Film come «Il diavolo veste Prada» e «Sex and the city», poi, non avrebbero avuto motivo di esistere se le protagoniste non avessero indossato abiti e accessori italiani: da Valentino a Gucci e Fendi. Che dire poi delle grandi dive anni Cinquanta che sul set indossavano costumi d'alta moda firmati dalle maison romane (dalle Sorelle Fontana a Madame Gattinoni)? Ava Gardner, Grace Kelly, Linda Christian e Audrey Hepburn, solo per fare qualche nome, vestivano tutte made in Italy. Nicole Kidman in «Australia» calzava scarpe griffate Salvatore Ferragamo. L'avvertura al maschile, poi, è tutta rigorosamente firmata da stilisti italiani: Tom Cruise in «Mission impossible 3» ha scelto Belstaff e gli 007 più famosi hanno sempre indossato il romano-abruzzese Brioni.   La storia d'amore tra la mecca del cinema d'Oltreoceano e la moda italiana, iniziata negli anni della Dolce vita, continua oggi con la stessa intensità del primo giorno. E anche di più. Sedotta dai nostri tessuti e dai nostri modelli, Hollywood da allora non ha mai tradito il made in Italy. E mentre le attrici mixano con pezzi parigini e newyorkesi, gli attori di vestire francese o americano non ci pensano affatto.   Anche nell'ultimo «pezzo da novanta», in arrivo nelle sale cinematografiche il 13 maggio, «Angeli e demoni», tutto il guardaroba del protagonista, Tom Hanks, e del suo antagonista, «il cattivo» Stellan Skarsgard, che interpreta il capo delle guardie svizzere, è stato realizzato a Penne, in provincia di Pescara, da Brioni (che ha il suo atelier romano in via Barberini). Lì, nel pescarese, lavorano i mille sarti usciti dalla scuola quadriennale fondata dal marchio che veste praticamente tutti i Capi di Stato. Il primo sarto, Angelo Petrucci, 38 anni, in questi giorni in Giappone per lavoro, non guarda in faccia a nessuno. Se un Presidente gli propone «cose strane», storce il naso e dice «no». Perché l'abito è il primo spot per una griffe e dall'atelier non deve uscire nulla di meno che elegante e perfetto. A costo di contraddire il «grande» di turno. «La moda italiana è la prima nel mondo - spiega Antonella De Simone, nipote di uno dei due fondatori di Brioni, Nazareno Fonticoli - noi eccelliamo in preziosità dei materiali, leggerezza, comfort insuperabili.   Gli americani l'hanno scoperto sin dagli anni Cinquanta e negli ultimi tempi il guardaroba sui set Usa parla sempre più spesso italiano. Ricordo che, quando per James Bond scelsero i nostri vestiti, gli inglesi gridarono allo scandalo. Ma il grande successo del personaggio, dette ragione a noi». Per Tom Hanks non c'è stato bisogno neanche di una prova. Il negozio americano, dove l'attore si veste abitualmente, aveva già le sue misure e i costumi di scena che gli sono stati recapitati sul set capitolino non hanno avuto bisogno di nessun ulteriore intervento. Anche per questo la nostra si chiama «eccellenza italiana».

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