Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La rivoluzione digitale travolge la televisione

default_image

  • a
  • a
  • a

Switch off? Digitale terrestre? Bisogna che tutto cambi, perché tutto resti come prima, si direbbe. Magari, con qualche costo in più: per l'acquisto del decoder, la sua installazione, per risolvere i problemi che parecchi forse incontreranno facendo i conti per la prima volta con «scatolette», cavi, nuovi telecomandi e un segnale che, in certi luoghi, potrebbe fare più di un capriccio. Vero. Ma vero anche che lo switch off rappresenta, a suo modo, una forma di rivoluzione televisiva, un cambiamento nella comunicazione tramite tv. Se non è una rivoluzione piena, ne è comunque tappa decisiva, in vista di traguardi ancor più innovativi. Step imprescindibile, insomma, nella più ampia evoluzione dei mass media e del loro rapporto con lo spettatore. «Non è il momento di passaggi epocali», ha già avuto modo di dichiarare Carlo Freccero, presidente di RaiSat, direttore di Rai4 e tra i massimi esperti di tv. «Nei prossimi anni la moltiplicazione dell'offerta rappresentata dal digitale produrrà un forte cambiamento nel modo di fare e guardare televisione. Ma per ora l'Italia è un Paese vecchio e tradizionalista. Da noi il trasferimento dell'audience sui nuovi canali sarà più lento: RaiUno, RaiDue e RaiTre resteranno sempre le matrici della tv». Una rivoluzione in pectore, dunque, che al momento rischia di restare tale? Così la pensa il sociologo Stefano Zecchi: «Non ci sarà nessuno stravolgimento nelle abitudini degli italiani. L'uomo comune continuerà a vedersi gratuitamente i canali che già vede. Sarà ancora vittoria per la tv generalista, che ha davanti una vita lunghissima. È quella che fa opinione. La tv è un fatto "generale". Noi non siamo gli americani, portati a pagare un canale tematico per vederlo. Io sono un cinefilo, ma non acquisto quasi mai un film». Fiorello però sul satellite c'è andato: «Sì, ma non mi pare che abbia dato chissà quali risultati. Certo, col digitale si potranno vedere molti nuovi canali in più. Ma questi sono appunto un "di più": non avranno l'importanza dei canali tradizionali. La gente continuerà a vedere quelli e magari li vedrà anche meglio. Insomma, a parte qualche novità come lo sport, non vedo nessuna vera modifica nei comportamenti, se non a livello elitario». Se questo è il trend, difficile che l'avvio al digitale passi per un abbonamento a Sky, quando con una trentina di euro mi prendo un decoder e mi vedo tutti i «soliti» canali, più altri «nuovi» e gratis. Ottima soluzione, si direbbe. Ma pur sempre una «costrizione». Se prima chi voleva sceglieva Sky, a pagamento sì, ma appunto scegliendo, qui si deve per forza pagare una cifra, per quanto piccola, per continuare a vedere ciò che prima si vedeva pagando al massimo il canone Rai. È vera rivoluzione una rivoluzione, bene o male, «imposta»? C'è infatti qualcosa, di tutt'altro che imposto ma esploso in maniera spontanea - un fenomeno fortissimo, ancora un'ombra rispetto alla tv ma dal potenziale rivoluzionario. Fenomeno che però, per arrivare a certe vette, deve forse passare da quel mutamento dei costumi che anche lo switch off contribuisce a determinare. Si tratta di Internet: le web tv, la tv che, gratis o a pagamento, passa per lo schermo di un pc e una banda larga. «Io stesso», continua Zecchi, «se voglio vedermi una partita di calcio, l'acquisto tramite Fastweb col pc». Saremmo cioè alla fase decisiva di un percorso pluriennale in cui l'«oggetto» tv si avvicina sempre più al «soggetto» telespettatore. Il pubblico si è fatto sempre più attivo, col moltiplicarsi della scelta nell'offerta - dall'«unico canale» anni Cinquanta alle tv commerciali, le pay tv, oggi il passaggio al Dtt - e soprattutto grazie all'interattività col mezzo televisivo. «Interattività» è la parola chiave, che abbatte le barriere e apre a una comunicazione globale, una condivisione totale. «Interattività» della tv digitale, «interattiva» appunto, tappa per la diffusione di quella «interattività regina» che è nel web. «Il digitale non è una rivoluzione totale, è piuttosto un ibrido fra tradizione e futuro, un ponte fra la tv generalista e i nuovi media, ossia Internet», ha detto Freccero. «Il sistema digitale permetterà l'interattività con il pubblico, per il resto condivide lo schermo tradizionale con la tv analogica e la satellitare. È un'accelerazione verso il futuro, ma sempre nella dimensione della tv». Sarà dunque Internet «la» Rivoluzione, quella vera? «Di qui a vent'anni è probabile - conclude Zecchi -. Al momento però la tv resta un sistema alto e duttile». Sospendiamo il giudizio. In attesa dei prossimi vent'anni.

Dai blog