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Ora la sinistra si appropria di Palach

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L'iniziativa merita plauso, anche perché va a coincidere con l'atto eroico di Jan Palach, che, il 16 gennaio 1969, in piazza San Venceslao, a Praga, comunicò al mondo intero il "no" dei giovani cecoslovacchi all'occupazione sovietica ed alla miseria materiale e morale indotta dal comunismo. Con quel gesto estremo, Palach risvegliò le coscienze assopite di quanti liberaldemocratici, socialdemocratici o cattolici cercavano il "dialogo" con il Kremlino. Spiace solo che a tenere relazioni siano stati chiamati Augusto Illuminati, ex leader del Comitato comunisti romani marxisti-leninisti, e Domenico Losurdo, militante marxista capace di contestualizzare Stalin e lo stalinismo sino a rilegittimarli. Insomma, a rievocare l'Epos dell'orgoglio anticomunista è stato fatto spazio anche a coloro che per giustificare la criminalità realizzata del marxismo spostano sistematicamente il discorso sul "vero" impero del Male con sede, secondo loro, a Washington. Palach si rivolterà nella tomba, così come avrebbe fatto Anna Frank, se ad un convegno sulla Shoah fossero stati invitati relatori idealmente legati al nazionalsocialismo. Paradossi italiani, in qualche modo "normali", visto che, per quanto riguarda il "sapere" storiografico impartito negli atenei l'Italia contende alla Corea del Nord il primato dei docenti negazionisti degli orrori dello stalinotogliattismo. La libertà, valore non negoziabile, ha insegnato Palach. Al quinto mese di occupazione sovietica, un gruppo di studenti decide, bruciando se stessi, di fondere l'acciaio dei tanks. Come, nella Gerusalemme assediata da Tito (70 d.C.), i resistenti ebrei lasciarono alla dea bendata di decidere l'appello dei morituri, così i ragazzi di Praga fanno una tragica lotteria, perché indichi chi debba trasformarsi in torcia umana. Palach estrasse il primo numero e vergò il comunicato: "Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta...". Altri sette ragazzi s'immolano, ma i mass media invasi dai dollari del Kgb non danno la notizia. Solo il piccolo grande Jan, dunque, assurse a simbolo universale dell'Umanitas che non si piega alla brutalità comunista. Mentre in Italia, 40 anni fa, il delirio marxista, nelle Università e nelle fabbriche, nei giornali e nelle case editrici, prepara la stagione delle Br, nella patria di Kafka, gli adolescenti muoiono da eroi. Ed ora, alcuni protagonisti di quel delirio, accortisi dopo quarant'anni d'aver sbagliato tutto, fanno un pellegrinaggio a Praga, guidati da Mario Capanna, reiterando il rituale comunista delle riabilitazioni post mortem. Il 27 giugno 1968, esce a Praga, a sostegno della "primavera", il "Manifesto delle duemila parole". Sull'Unità quel manifesto non verrà mai pubblicato, bensì bocciato ("Condannato un appello provocatorio", 29 giugno 1968). Anche "Rinascita" si guarderà bene da editarlo, rimarcandone, però, le "ambiguità che possono derivarne; ivi compresa la possibilità di aprire la strada alle malevoli intenzioni di elementi antisocialisti" (19 luglio 1968). Eppure, le Botteghe Oscure, tese a far credere alla riformabilità del comunismo, avevano sposato il nuovo corso, sia pur paventandone gli esiti: "Quanto al tentativo socialdemocratico, esso ha già incontrato molte resistenze, anche se non può dirsi sventato: è in corso comunque un'azione politica per evitare un atto che potrebbe profilarsi in avvenire come una minaccia per l'unità politica della classe operaia" (l'Unità, 14 agosto 1968). Quando i carri armati del Patto di Varsavia schiacciano la Cecoslovacchia (20 agosto 1968), l'ufficio politico del Pci esprime dissenso ipocrita, visto che lo coniuga con l'immutata amicizia con l'Urss (l'Unità, 22 agosto 1968). Il giorno dopo lo stesso quotidiano scrive: «...che cosa pretenderebbero da noi? Che dimenticassimo la lezione universale dell'Ottobre rosso?". E il segretario Luigi Longo: «La nostra collocazione è del tutto chiara e irrinunciabile. Noi staremo sempre dalla parte del socialismo, dei paesi e dei partiti che hanno realizzato il socialismo» (Rinascita, 13 settembre 1968). Anche alla Cgil apparvero più urgenti «questioni di politica internazionale più acute, come ad esempio, la perdurante aggressione americana nel Vietnam...» (l'Unità, 29 agosto 1968).

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