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Marco Bechis

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Si tratta di "Birdwatchers - La terra degli uomini rossi" di Marco Bechis, da oggi nei cinema distribuito da 01. Una storia vera e violenta, interpretata da Claudio Santamaria e Chiara Caselli insieme ad autentici indios diventati attori per l'occasione. Le lacrime hanno segnato persino la conferenza ufficiale, nel Palazzo del Casinò, quando una delle protagoniste india, Eliane Juca Da Silva, ha spiegato che la sua presenza sul Lido significava "una grande speranza: non abbiamo più foresta e abbiamo bisogno di cacciare e pescare, non ci sono fiumi, né foreste, non ci sono neppure opportunità per i giovani e i nostri capi religiosi non possono neppure pregare. I fazenderos ci credono invasori, ma noi vogliamo solo la nostra terra". Nella pellicola, che potrebbe, per il suo genere, appassionare il presidente della giuria di Venezia, Wim Wenders, un gruppo di indios Guarani-Kaiowa, guidati da Nàdio (Ambrosio Vilhalva) e da uno sciamano, si accampa ai confini di una proprietà per rivendicare la loro terra. Per Vilhalva, che ha ispirato il film di Bechis ed è anche nella vita a capo di un vero gruppo di Indios riusciti a rivendicare un po' di terra, "l'indio non ha nessun diritto e quando scopre questo è spinto ad uccidersi. Conoscevo un ragazzo di 19 anni che si è suicidato perché aspettava un figlio e non sapeva quale futuro offrirgli". Per Bechis, "non c'é stato bisogno di inventare granché, mi è bastato incontrare Ambrosio Vilhalva e parlare della sua storia. Non credo che qualcosa possa davvero cambiare in Brasile per gli indios. La potenza economica dell'agricoltura è troppo forte. Basterebbe dare solo il 20 per cento delle foresta agli indios per cambiare le cose, ma non penso accadrà mai. Il presidente del Brasile Lula non ha troppa colpa sulla situazione degli indios, si trova di fronte alla forte struttura economica. Non credo che in Brasile questo film sarà accolto bene dall'establishment delle grandi città, anche se ho cercato di condurre lo spettatore da una parte e dall'altra: era il modo migliore per far capire le ragioni degli uni e degli altri". Appare invece ancora sconvolto Claudio Santamaria dopo aver visto "le riserve dove vivono gli indios, una versione molto più scadente delle nostre periferie. Case con strade piene di fango ove vivono 6000 persone: sembra di tornare al medioevo. Allora scopri come fare questo lavoro di attore, che ho sempre considerato inutile, possa divenire importante e utile. Per prepararmi al film sono andato a fare davvero il cowboy in una fazenda e in incognito". Oltre a "Sut" del regista franco-turco Semih Kaplanoglu, storia sullo scontro tra il vecchio e il nuovo della società turca, è stato presentato ieri in concorso "Vegas: da una storia vera" dell'iraniano Amir Naderi, che fa emergere un'America contemporanea desolante e stracciona, nel pieno della crisi dei valori e dell'economia. La capitale americana del divertimento è vista da una famiglia operaia che vive in periferia e cerca di dimenticare la crisi economica e le tentazioni delle slot machine dei cento casinò. Il regista ha vissuto in un Motel per sei mesi e si manteneva andando a giocare, finché proprio i suoi compagni di gioco, hanno finanziato il film. Anche il documentario di Gianfranco Rosi, "Below sea level" (Orizzonti), racconta un'America particolare, dopo aver vissuto 40 metri sotto il livello del mare, in una base militare dismessa a 250 km sud est di Los Angeles, senza acqua, senza elettricità e senza governo. Lì vivono le persone che non si sono mai inserite nella società e che le leggi americane hanno tolto dai parchi di città confinandole così ai margini.

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