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Tim Burton: "Il mio musical è un omaggio al genio di Fellini"

Tim Burton

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"Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street" arriverà il 22 febbraio in Italia (250 copie distribuite da Warner Bros), forte di tre candidature all'Oscar: per le scenografie di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, per i costumi e per il migliore attore protagonista, Johnny Depp. Celebre nei paesi anglosassoni ma semisconosciuto in Italia, il musical si rifà ad una storia vera. Pare infatti che Todd sia realmente esistito e sia stato responsabile di 160 omicidi nella Londra del XVIII° secolo. L'omicida era un eccelso barbiere dell'elegante londinese Fleet Street che mise in atto la sua atroce vendetta contro l'ingiustizia subita da un magistrato che lo condannò per portargli via la bella moglie e l'eterea figlioletta. Scontata la pena, Sweeney riapre bottega sotto falso nome e comincia a tagliare le gole dei clienti, in attesa di arrivare finalmente a quella dell'odiato giudice che ha ancora in custodia sua figlia Johanna (Jayne Wisener). Al piano di sotto, nel suo negozio una fornaia vedova, precaria compagna di Sweeney Todd, mette i cadaveri nel tritacarne per farcire pasticci che vanno a ruba e, innamorata del barbiere, gli mente sulla sorte della moglie raccontando che è morta mentre in realtà vaga, folle, per la città. Burton, con la consorte Helena Bonham Carter (la fornaia) e il suo attore feticcio Johnny Depp (il barbiere), mette in scena il suo horror più cupo e gotico, con sgozzamenti a fil di rasoio in primo piano e cadaveri rotolanti per essere ridotti in poltiglia. Ma allo stesso tempo, il regista di "Edward mani di forbice" riesce a dare un tocco di poesia allo splatter della messa in scena. Emerge così l'amore dell'indifesa figlia di Sweeney Todd per un giovane marinaio, quello della fornaia innamorata del barbiere che sogna una vacanza con lui e la vendetta di Todd. Tutto avviene nella livida Londra ottocentesca ricostruita mirabilmente da Dante Ferretti. Sono stati i vecchi horror con Peter Lorre e Boris Karloff a ispirare Tim Burton e Johnny Depp. A dichiararlo è stato Burton, ieri a Roma, per il quale «l'horror è espressionismo e sfogo emotivo. Il sangue che scorre nel film non è realistico, ma catartico e espressionista. Tra le mie fonti di ispirazione c'è anche il cinema di Mario Bava, un autore capace di creare un proprio universo fantastico. E c'è, soprattutto, il celebre musical che nei paesi anglosassoni, tra Broadway e Londra, va in scena da anni: un mix tra horror, umorismo e musica che negli anni '40 era arricchito dallo stile francese del melodramma Grand Guignol. Io l'ho sfrondato di balli e cori, con personaggi chiusi in se stessi e introversi, tanto che raccontano i loro sentimenti cantando. Per Johnny Depp cantare per la prima volta sullo schermo è stata una bella sfida, la cosa che mi piace di lui è che vuole mettersi continuamente alla prova. La gente viene sgozzata nel film come oggi in Iraq in questi tempi ci si mangia l'un l'altro, e la mia favola ha molti elementi di attualità, attinti alle immutabili emozioni umane. Anche nella Hollywood di oggi "mangiare o essere mangiati" come "homo homini lupus", sono espressioni molto in voga. A Hollywood ci vado solo per lavorare, non vivo più a Los Angeles, la mondanità non mi piace, mi sento vicino ai miei personaggi poco integrati e in conflitto con la società: anch'io tendo a interiorizzare tutto, sono chiuso, solitario e arrabbiato. Con il passare degli anni prevale il senso di perdita, persino quando tutto va bene e sei vincente. Dopo la notizia delle nomination, ho mandato una mail a Depp, è felice ma timido e già in ansia all'idea di partire per Hollywood. Ferretti ormai è abituato agli Oscar: l'ho scelto perchè ho visto quello che ha fatto nei capolavori di Fellini, il mio film è un omaggio a Fellini e Dante conserva in sè lo spirito felliniano che poi riesce a trasfondere nelle scene».

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