Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Lizzani dà voce alle vittime di «Hotel Meina»

default_image

  • a
  • a
  • a

Il film narra il primo eccidio degli ebrei avvenuto in Italia, 54 persone uccise dai nazisti a ridosso dell'armistizio, di cui 16 a Meina, nell'omonimo albergo. E ora c'è anche l'amarezza del caso sollevato di recente da chi quei giorni li visse in prima persona. La signora Becky Behar, allora tredicenne, non si riconosce nella sceneggiatura firmata da Pasquale Squitieri e tratta dall'omonimo saggio di Marco Nozza. La fine di quella tragica vicenda è stata girata nelle cantine del posto, la fuga verso il confine svizzero della famiglia Behar (Benar nel film) ebrei di origine turca e gestori dell'Hotel Meina dove nel settembre 1943 per alcuni giorni si trovarono a convivere un gruppo di ebrei benestanti, alcuni villeggianti italiani e tedeschi e una formazione di SS. Papà Giorgio Benar (interpretato da Danilo Nigrelli) salva la moglie Camy (Marta Bifano) e i piccoli Noa (Ivana Lotito nel ruolo di Becky Behar) e Marcel (Fabio Marchese). Nella pellicola sono stati aggiunti personaggi e momenti d'amore che nella realtà non trovano riscontro in quei giorni drammatici, dove gli ebrei uccisi vennero gettati nel Lago Maggiore con i corpi trafitti dalle baionette affinché restassero sul fondo. È il caso della donna tedesca (Ursula Bushhorn) che nel film appare come un'eroina antinazista, mentre dalle cronache di Nozza e dalle testimonianze è ricordata come un personaggio infame. Nel film subirà anche le advances del comandante delle SS Krassler (Benjamin Sadler), ma tutto questo è pura finzione cinematografica. Struggente e appena accennato è poi il sentimento che lega la giovanissima Behar a un diciottenne sfollato nell'albergo (Federico Costantini), che perderà la vita. La storia si apre su una giornata di sole in riva al lago, i turisti dell'Hotel Meina sono in spiaggia: ridono, ascoltano alla radio Badoglio, non sanno che le SS della corazzata Leibstandarte Adolf Hitler di lì a poco cominceranno a separare ebrei da non ebrei, uomini da donne e bambini. «Questo film - ha detto Lizzani- è anche il mio contributo nella lotta contro l'antisemitismo. Certo ci sono cose più feroci del nazismo di quelle che mostro in questo film, qui c'è il gioco perverso del gatto con il topo. Si può dire che la tortura psicologica è la chiave di questo film, che è già passato l'anno scorso e fuori concorso, nella sezione "Venezia Maestri". Inserire l'immagine della tedesca che cerca di salvare gli ebrei è stata una mia scelta, perché è più forte sentire una voce tedesca accusare di cretini e assassini i suoi stessi connazionali». A margine della presentazione del film è giunto dal regista anche un appello alla classe politica sulla delicata crisi di governo che sta attraversando il nostro Paese in questi giorni: «Unificatevi e siate chiari nel messaggio che mandate agli elettori». Nel futuro del regista 85enne due film tv: "Operazione Via Appia" tratto dall'omonimo libro di Giulio Andreotti e "Parola ai giurati". Carlo Lizzani e il suo cinema saranno poi onorati a Hollywood in occasione della terza edizione di Los Angeles, Italia - Film, Fashion and Art Fest, in programma al Teatro Cinese dal 17 al 23 febbraio che da tre anni a questa parte porta il made in Italy nella città del cinema, nella settimana che precede la serata degli Oscar. L'anteprima americana dell'ultimo film di Lizzani, "Hotel Meina", presentato dallo sceneggiatore Steven Zaillian (premio Oscar per "Schindler's List") chiuderà la manifestazione il 22 febbraio. Proveniente dalla critica, Lizzani è conosciuto anche oltreoceano come uno dei testimoni del movimento neorealistico.

Dai blog