Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La scelta del critico

Esplora:
default_image

I «figli degli uomini» salvano il mondo nella Londra del 2027

  • a
  • a
  • a

Firmato però da un regista messicano, Alfonso Cuarón, molto noto in patria, specie dopo che un suo film, «Y tu mamá tambien» è stato premiato qui a Venezia, ma apprezzato anche a livello internazionale per aver diretto, di recente, un episodio della serie Harry Potter, «Il prigioniero di Azkaba". Il suo film visto ieri , «I figli degli uomini», è tratto da un romanzo di una delle più celebrate gialliste britanniche. P.D. James, ma sa anche apparentarsi alla fantascienza. Siamo infatti nella Londra del 2027. Il mondo attorno va a pezzi, arrivato all'ultima spiaggia anche perché, a causa forse dell'inquinamento, tutte le donne sono sterili. Fino al momento in cui una profuga di colore si ritrova in stato interessante. Ma è un momento in cui, per tutelare quei pochi inglesi che restano, si rinchiudono tutti i profughi in gabbie all'interno di campi di concentramento. Solo un coraggioso, pur con guai personali, riuscirà a salvare la partoriente e, di conseguenza, il frutto degli uomini. Schemi e modi di una violenza inaudita, immagini cariche d'angoscia, tra luci plumbee, un sonoro stracolmo di echi sinistri. Dei ritmi che tra spari, inseguimenti, fughe affannate, serrano alla gola. Con tutta la forza del cinema quando lo domina un autore che sa imporsi e vincere. Anche con il concorso di interpreti coinvolti, con partecipazione, in climi neri. Cito solo il protagonista, Cliwe Owen. Una maschera dura, ma con sfumature ben studiate. Cinema giapponese di pomeriggio, però fuori concorso; «Le cronache militari di Terramare», dirette da un esordiente, Miyazaki Goro, con un passato molto attivo nel campo della promozione dell'arte. Alla base, alcuni romanzi per ragazzi di Ursula K. Le guin, affidati, per la loro trasposizione sullo schermo al disegno animato. Evi lontani, maghi e draghi, principi che uccidono il proprio padre perché, in cuore, hanno un'ombra nera che li perseguita, la lotta consueta tra il bene e il male rappresentati entrambi da figure o tutte luminose o tutte oscure. Con una tecnica di animazione molto semplice (non ci sono le sofisticate sperimentazioni dei più classici disegni animati giapponese), ma con un'azione che sa dipanarsi e progredire in cifre spesso avvincenti, prodighe non di rado di trepide emozioni. Ho visto che il film, come indicano i titoli di testa, è già stato acquistato dalla Lucky Red. Quando perciò arriverà nelle nostre sale andrà incontro di certo a buon successo. Specie presso i giovani e i ragazzi. Tengo però anche a ricordare, sempre fuori concorso, la seconda puntata di quel film di montaggio, «Bellissime» di Giovanna Gagliardo, la cui prima puntata, proprio qui a Venezia, era stata festeggiata con calore. Là c'erano storie di donne dal vero dai primi del Novecento ai Cinquanta, qua si va dai Sessanta a oggi. Donne al governo, donne in piazza, femministe, sindacaliste, cantanti. Con la possibilità, loro tramite, di riproporci le tappe fondamentali della nostra storia più recente. Un'impresa civile dal forte impegno sociale. Sorretta da un senso saldo del cinema.

Dai blog