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Una coppia

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irresistibile da applaudire

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PER LA SUA felice partecipazione a «Manuale d'amore» avevo salutato con gioia il ritorno di Carlo Verdone alla migliore comicità dei suoi anni d'oro. Oggi, di fronte a questo film tutto suo - soggetto, sceneggiatura, regia, interpretazione lodo invece convinto un suo passaggio ulteriore, quello che gli ha consentito di tenersi in sicuro equilibrio tra la farsa e la commedia sentimentale: senza mai un eccesso né un colore di troppo. E anzi con un senso attentissimo della misura. Eccolo così, nella pienezza feconda della sua maturità, confrontarsi con un giovane emergente, Silvio Muccino, e dar vita insieme con lui a un duetto che si farà strada con successo nel cinema italiano. Come quando, da giovane, si confrontava con Sordi. Come sempre, quando c'è un lieto fine, si comincia con un mare di guai. Li combina Verdone, nelle vesti di Achille De Belli, gestore di alberghi di proprietà della moglie, quando la tradisce proprio con la moglie del cognato e suo principale azionista. Li combina Muccino, nelle vesti del giovane Orfeo quando, con una madre scombinata, per vendicarla di un torto che crede abbia subito da Achille, mette brutalmente in piazza la sua tresca. E li combina ancora Muccino quando si innamora di una bella ragazza, Cecilia, senza sapere all'inizio che è proprio figlia di Achille. Da qui il resto, che vedrà i due prima trattarsi ovviamente malissimo (Achille, oltre a tutto, dopo lo scandalo fatto esplodere da Orfeo, è rimasto senza moglie, senza lavoro e senza casa) poi, uniti dalla ricerca di Cecilia, fuggita senza dar più sue notizie, legarsi a poco a poco tra loro con una solidarietà però reticente fino all'ultimo: non solo su e giù per l'Italia, ma addirittura in Svizzera e alla fine in Turchia... I climi si alternano. Con molta abilità. Ci sono, appunto, situazioni da farsa, con gli equivoci , le liti in famiglia, gli scontri iniziali, furenti ma anche buffi, Fra Achille ed Orfeo. E ci sono i risvolti con i sentimenti pronti a prelevare, non solo quelli con l'amore in primo piano, ma quelli che mettono l'accento sulle deludenti aspirazioni di Orfeo di avere una madre e un padre a sua misura e, in parallelo, sui difficili tentativi di Achille di proporsi come padre. Con ritmi incalzanti, con immagini (di Danilo Desideri) nitide eppur preziose, con musiche (di Paolo Buonvino) fra l'ironia e l'affetto. Ma soprattutto con una recitazione, sia in Verdone sia in Muccino, addirittura straordinaria. Il primo, nel pieno dominio di una mimica piegata a tutti gli effetti il secondo nella pienezza ormai dei suoi mezzi espressivi. Da applaudire senza riserve.

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