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«Io, stregato e poi asfissiato da Bond»

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Ora scrive storie con altri protagonisti e collabora con Clancy. «Al cinema Connery il migliore»

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Era il 1964 e mio padre mi aveva portato a vedere "Missione Goldfinger". Da allora per me, che vivevo in una cittadina del Texas, si spalancò davanti un universo: divenni un fan dell'agente 007 e lessi tutti i romanzi di Fleming». Raymond Benson racconta così la folgorazione del suo incontro con l'agente dell'intelligence britannica con «licenza d'uccidere», di cui più tardi è diventato il secondo, o terzo, papà. Lo scrittore americano, membro della giuria internazionale del «Noir in Festival» di Courmayuer, di cui Alacràn pubblica in questi giorni due romanzi («Conto alla rovescia», pag. 305, ?16,80, la sua prima avventura con protagonista Bond, e il recente thriller «Prima del buio», pag. 264, ?12,80), è l'ultimo successore di Fleming, inventore del personaggio portato sullo schermo da Connery. «Negli anni '80 mi trasferii a New York e, nell''84, pubblicai una sorta di agenda sulla storia di 007, che mi valse sia per i fans, sia per la famiglia Fleming la fama di "bondologo". Più tardi, quando John Garner, allora successore di Fleming, decise di ritirarsi, ebbi una proposta dal gruppo che gestisce il copyright sull'agente. Così, dal '96 al 2002, ho scritto su Bond sei romanzi originali, tre sceneggiature per gli ultimi tre film («Il mondo non basta», «Il domani non muore mai» e «La morte può attendere»), due romanzi brevi e un racconto». Dopo sei anni, come accadde a Connery, si è sentito prigioniero di James Bond? «Più o meno. La gente per strada mi fermava e voleva l'autografo di Bond, non quello di Benson. Se non prigioniero, certo mi sentivo troppo vincolato a quel personaggio, per cui decisi di cercare altrove la mia identità. Ho incominciato a scrivere storie noir mie con "Prima del buio", cui sono seguiti altri romanzi, e con Tom Clancy abbiamo dato vita alla serie "Sprinter Cell", già adocchiata da Hollywood». Il suo Bond ha avuto per modello quello di Fleming? «Io ho aggiunto un po' di fantasia, ma c'erano dei punti fermi della personalità di Bond: doveva essere un uomo freddo, con senso dell'humour, capace di battere chiunque a bridge, come di guidare una fuoriserie. Inoltre, Bond ha perennemente 42 anni, ma ricorda tutto del tempo intermedio tra la sua origine e l'epoca attuale. Fisicamente, non ho mai avuto in mente un attore, ma piuttosto il personaggio dei fumetti del disegnatore John McClusky». Qual è il suo Bond preferito sullo schermo? «Connery è stato il migliore. Ma mi era simpatico Timothy Dalton che, avrebbe meritato qualche chance in più». Daniel Craig sarà il prossimo agente 007 in «Casino Royale»: funzionerà? «Sì, credo che Daniel se la caverà, ha il fisico e la personalità per essere un perfetto James Bond». Come giurato del «Noir in Festival», assieme al collega Jeffrey Deaver, agli attori Val Kilmer e Barbora Bobulova e alla produttrice Tiziana Soudani, ha assegnato la vittoria al film danese «Adam's Aebler» («Le mele di Adamo»), a marzo nelle nostre sale. Affermazione italiana, invece, per il Premio del pubblico, andato a «Piano 17», film di ispirazione tarantiniana dei Manetti Bros.

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