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Bruno Vespa, «VIncitori e vinti» l'ultimo suo libro è già un successo, perché? «Non è facile rispondere a questa domanda.

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Racconto le lotte che hanno diviso la nostra penisola in questi ultimi 70 anni. Dal passato al presente. Anche la politica attuale. Le foibe, gli anni del terrorismo rosso e nero, l'attacco all'Occidente del fondamentalismo islamico. E poi la profonda frattura attuale tra destra e sinistra, i retroscena della lotta politica, le conseguenze della vittoria di Prodi alle primarie e le dimissioni del segretario dell'Udc Follini, la strategia di Rutelli, Fassino, Bertinotti, la svolta di Berlusconi, Fini, Casini e Bossi». Insomma il presente ed il passato insieme? «Cerco di costringere il presente a fare continuamente i conti con il passato e nel passato trovare le radici del tempo che stiamo vivendo. Un modo per raccontare in un quadro storico completo proprio le vicende più recenti della cronaca politica alla vigilia delle politiche del 2006». Si sente uno scrittore? «Sono anche uno scrittore. Ma sono soprattutto un cronista. I miei libri riassumono gli avvenimenti del Paese e del suo panorama politico. Cerco di spiegare e capire l'evoluzione della società nella quale viviamo e i cambiamenti in corso, talvolta così minimi e impercettibili da non essere recepiti». È ancora innamorato del suo mestiere? «Assolutamente sì. Credo di essere stato l'unico a lasciare una poltrona di direttore per tornare proprio a fare il cronista. «Porta a porta» è la testimonianza di questo compito che amo svolgere». Ma si sente un uomo politico? «No, io sono un cronista e basta, non sono neanche un cronista politico». Chi è il bravo giornalista? «È colui che mette sempre la notizia al centro di tutto. La notizia è il racconto di un fatto rilevante. Il giornalista è bravo quando riesce a trovare più notizie in un insieme di materiali. La differenza tra un giornalista e uno che non lo è, è che il giornalista dovrebbe capire dove sta la notizia. Un giornalista non deve mai dimenticare di essere uno del suo pubblico». Ricorda i suoi inizi professionali? «Sì, ho cominciato a 15 anni questo mestiere collaborando a vari giornali locali della mia città, l'Aquila. A sedici anni sono alla redazione aquilana del quotidiano «Il Tempo», proprio «Il Tempo», sì. Poi cominciai a collaborare con la Rai alla radio. E poi anche la televisione». Qual è il suo credo? «Pure essendo giornalista sono stato e sarò sempre dalla parte degli altri».

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