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Buy superba moglie abbandonata nel mélo matrimoniale di Faenza

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PRIMA VISIONE

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PER Roberto Faenza ancora una donna tormentata. Com'era, in «Prendimi l'anima», l'isterica amante di Jung Sabina Spielrein. Lo spunto, questa volta, è un romanzo, non dei migliori, di Elena Ferrante, «I giorni dell'abbandono», con al centro una donna improvvisamente abbandonata dal marito senza spiegazioni dopo dieci anni di matrimonio. Faenza, sia come sceneggiatore sia come regista, ha avuto il merito di superare molti degli impacci del testo, asciugandolo con una scrittura il più possibile essenziale e con dei modi di rappresentazione stretti quasi sempre attorno ai personaggi. La sua protagonista, Olga, vive a Torino, ha due figli, un bambino e una bambina e, appunto un marito con cui ha vissuto una vita senza ombre. La notizia inaspettata che lui l'abbandona la precipita in un baratro. Composta com'è stata fino a quel momento, si abbandona al turpiloquio, trascura i figli e quando rintraccia l'amante dell'altro non esita ad aggredirla in pubblico. Precipitando subito dopo in una sorta di girone infernale che la indurrà perfino a concedersi, per ripicca, a un musicista straniero, suo vicino di casa. Sarà questi, però, passata la sfuriata erotica, a diventare presto un suo punto d'appoggio. Il finale, così, la vedrà pacificata al suo fianco. Sfrondato dalle molte asperità del testo, raccontato in prima persona con poco ordinate svolte narrative, il film adesso si rivolge soprattutto a quella moglie lasciata a dibattersi sulle ragioni del suo fallimento coniugale, con un suo conseguente disgregarsi in tutto: rapporti in casa e fuori, atteggiamenti, sentimenti, reazioni. Faenza la lascia solo quando, di sfondo, le evoca una splendida Torino notturna, con le sue architetture storiche preziosamente illuminate. Per il resto lo edifica passo dopo passo quel monumento allo sfacelo che è tutta la forza del film. Magnificamente costruito dalla grande interpretazione di Margherita Buy come Olga: ferita, ribelle, prostrata, spesso addirittura irosa; pronta a confluire, con sensibilità fine, nella serenità da ultimo duramente conquistata. Il marito, meno cinico e meno assente che nel romanzo, è Luca Zingaretti, l'uomo che la salverà è il serbo-croato Goran Bregovic, autore anche delle musiche.

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