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Evola, la riscoperta del filosofo pittore

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Tornano in libreria i testi base del teorico della Rivoluzione Conservatrice e dello Stato organico

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Trent'anni sono passati dalla morte (e dal funerale alpino) del principale filosofo tradizionalista italiano, e ben settanta dalla pubblicazione della sua opera principale (Rivolta contro il mondo moderno). Eppure l'interesse verso questo teorico tagliente, poliedrico e inflessibilmente severo verso il mondo contemporaneo non dà cenni di diminuire: riprova ne sono l'uscita a ritmo incessante di saggi critici sul suo pensiero e la riproposizione di volumi che raccolgono in modo organico suoi scritti e articoli. A prescindere dall'attività delle Edizioni Mediterranee, che da un decennio stanno ripubblicandone in edizioni curatissime le principali opere, meritano una menzione le attività della Fondazione che porta il nome del filosofo, e il cui statuto fu vergato da Evola stesso negli ultimi anni della sua esistenza terrena. Di recente sono stati dati alle stampe tre nuovi quaderni, tutti introdotti da Gianfranco de Turris e accomunati, almeno parzialmente, dal loro argomento politico. Si tratta de «Lo stato organico - Scritti sull'idea di Stato» (1934-1963, Fondazione Julius Evola, 100 pagine, 10 euro), «Il federalismo imperiale. Scritti sull'idea di Impero» (1926-1953, Fondazione Julius Evola, 188 pagine, 14 euro) e «Apolitìa. Scritti sugli orientamenti esistenziali» (1934-1973, Fondazione Julius Evola, 144 pagine, 12 euro), curati rispettivamente da Alessandro Barbera, Giovanni Perez e Riccardo Paradisi. Oltre che studioso di miti, religioni e tradizioni sapienziali d'oriente e occidente, ardito alpinista, ufficiale d'artiglieria, formulatore di originali teorie sulla storia, l'archeologia e la sessualità, pittore dadaista, interprete dell'alchimia e dei cicli arturiano e del Graal, Evola fu anche teorico politico, al punto di essere considerato il massimo esponente italiano del filone della Rivoluzione Conservatrice. Intrattenne rapporti personali e d'amicizia con teorici del calibro di Ernst Jünger, Carl Schmitt, Armin Mohler, Othmar Spann e il principe Rohan; e tanto durante il fascismo quanto dopo la seconda guerra mondiale (durante la quale fu ferito alla spina dorsale e rimase paralizzato agli arti inferiori) continuò a scrivere articoli sulla dottrina dello Stato. I tre volumi recentemente pubblicati gettano una nuova luce sulle sue idee, rivelando la sua predilezione per alcuni modelli storici e, al tempo stesso, la distanza che lo separava dalla politica spicciola e quotidiana. L'intento di Evola era infatti di indicare una serie di valori di riferimento cui attenersi, senza necessariamente dedicarsi in modo attivo alla politica; anzi persino evitandola, nei casi in cui le inclinazioni personali avessero spinto il singolo verso diverse strade di ricerca e trasformazione interiore. Emergono inoltre i concetti di organicismo (lo Stato inteso come insieme di componenti che si integrano vicendevolmente, anziché come poteri che si fronteggiano o che stanno insieme solo per un «contratto») e di impero, ossia unità di stati accomunati da una comune vocazione. L'impero si contrappone così nettamente all'imperialismo, che è invece la diffusa tendenza a imporre a fini di sfruttamento il proprio modello politico a civiltà estranee e profondamente differenti. Si tratta di una serie di riflessioni che, in quanto lontane dalle contingenze quotidiane, hanno conservato col passare degli anni un'attualità che probabilmente manterranno ancora a lungo.

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