Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di ANTONIO ANGELI MI CHIAMANO RADIO di Mike Tollin con Ed Harris, Cuba Gooding Jr.

default_image

  • a
  • a
  • a

O forse è un dono di natura. Comunque anche con questo film su sport e solidarietà regala una superba prova di recitazione. È la storia, ispirata alla realtà, di un giovane con problemi di ritardo mentale (Cuba Gooding Jr.) sospeso tra incomprensione, ferocissimi scherzi e una limpida solidarietà. Il film si svolge nella tranquilla provincia degli Stati Uniti verso la fine dei '70. Radio (tutti chiamano così il disabile perché colleziona radioline) passa le giornate spingendo un carrello lungo le strade, senza meta. È amorevolmente accudito dalla madre che forse non fa il suo bene dicendo che «è un bravo ragazzo, solo più lento degli altri». Radio non parla, non legge, non scrive. Un emarginato. La svolta della sua vita sarà l'incontro con la squadra di football di un liceo. L'allenatore Jones (Harris) lo prende a benvolere fino a convincerlo, tra disavventure e momenti commoventi, a frequentare la scuola. Il film, che in qualche modo fa tornare alla mente il «Forrest Gump» di Robert Zemeckis, ripropone la tesi che lo sport è un veicolo privilegiato per creare integrazione. Un film sulla disabilità che, come appunto in «Forrest Gump», viene proposta come una situazione che non deve essere per forza considerata di inferiorità. Tutti abbiamo qualcosa da imparare da tutti. Ma il film è anche un'ampia riflessione sulla società americana. Le regole non scritte che dovrebbero animare ogni buon cittadino, secondo la morale puritana del Nuovo continente, sono qua e là esplicite e implicite tra i dialoghi: «Fai la cosa giusta»; «Mai pentirsi di una buona azione»; «Impara a distinguere le cose non importanti da quelle importanti e fai queste ultime». Pillole di saggezza che il regista Tollin enuncia con quella stessa nostalgia con la quale racconta la laboriosa e pacifica provincia statunitense di trent'anni fa. Che forse, nella realtà, non è mai stata così. Il tutto infatti ha più il sapore di una favola che di una storia vera.

Dai blog