Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di FRANCESCO CARELLA «SE AVESSERO funzionato le deportazioni di massa, gli ebrei non sarebbero ...

default_image

  • a
  • a
  • a

È una voce fredda, ma gonfia di dolore, quella che pronuncia, quasi sillabando, queste parole. Il nostro interlocutore è uno dei più accreditati studiosi dell'Olocausto, Christopher Browning (nella foto), docente di storia presso la University of North Carolina, autore di un volume, «The origins of the final solution», da pochi giorni in libreria negli Stati Uniti e già al centro di un dibattito che va ben oltre i ristretti confini dell'accademia. Il libro è stato definito dallo storico inglese e biografo di Hitler, Ian Kershaw, «uno studio magistrale sul capitolo più oscuro della storia umana». «Tutto iniziò - riprende lo storico americano - quando i nazisti si accorsero di non essere in grado di realizzare i progetti hitleriani incentrati sull'espulsione di massa degli ebrei, prima dalla Germania e poi dall'Europa. Deve essere chiaro, però, che tali progetti presupponevano l'eliminazione finale dei deportati, anche se con mezzi diversi rispetto a quelli che abbiamo conosciuto. Milioni di persone sarebbero morte, inevitabilmente, a causa dei lavori forzati, per fame o per effetto del clima». Ma quanti furono i piani elaborati dai nazisti per le deportazioni? «Furono tre. Il primo venne concepito nel '39, quando, dopo l'occupazione della Polonia, i nazisti pensarono di trasferire gli ebrei in una riserva individuata nella parte orientale di quel Paese. L'operazione fallì a causa di problemi logistici. Arriviamo, così, all'estate del '40, quando si decide di passare a un'altra strategia imperniata sul trasferimento di milioni di persone nella lontana isola del Madagascar. Anche quest'altro progetto risultò essere poco percorribile, perché implicava un controllo dei mari che i tedeschi non avevano». Intanto, nel 1941 si apre, ancora più a Est, un altro fronte di guerra. «Ed è proprio in quei mesi che i nazisti elaborano il terzo progetto di deportazione. Essi erano convinti che attaccando la Russia sovietica avrebbero distrutto il "bolscevismo giudaico", conquistando, nel contempo, un grande spazio dove trasferire gli ebrei. Mai dimenticare che in Unione Sovietica, fra la fine di luglio e la metà di agosto del '41, si consuma un vero e proprio genocidio con massacri mostruosi di donne e bambini». La battaglia per la presa di Mosca segna il fallimento della guerra-lampo tedesca. È allora che si comincia a parlare di eliminazione? «A quel punto l'assassinio era nell'aria. I nazisti capiscono che le deportazioni non sono possibili. Lo sterminio di massa diventa realtà nel giro di pochi mesi. Lo scempio delle camere a gas di Chelmno, Belzec e Auschwitz-Birkenau inizia tra il dicembre del 1941 e il marzo del 1942. Oltre la metà delle vittime dell'Olocausto viene uccisa in dodici mesi fra il marzo del '42 e il marzo del '43». A questo punto, resta da chiarire il ruolo svolto da Adolf Hitler nelle varie fasi. «Hitler giocò un ruolo chiave anche nei momenti in cui venne consumato il passaggio dal progetto della deportazione a quello dello sterminio. Le sue continue esternazioni antisemite istigarono e legittimarono la ricerca di una "soluzione finale". Penso che nessuno anticipasse ciò che Hitler voleva meglio di Himmler. Per sapere che cosa Hitler pensava, bastava guardare quello che Himmler faceva. È certo che nei momenti importanti, Hitler intervenne sia approvando che disapprovando le varie proposte che gli venivano presentate. Egli diede il disco verde al piano di Himmler che prevedeva il "trasferimento etnico" in Polonia orientale nel settembre del 1939. Sappiamo che egli approvò il piano per il Madagascar nel giugno 1940 e molte altre cose. Hitler sapeva tutto e tutto approvò».

Dai blog