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ESTETICA

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La musica? È troppo invadente. Ci distrae

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E dire che non vive in un'epoca di letale crisi del linguaggio dei suoni, qual'è il Novecento e, massime, il nostro tristo, bischero tempo. Anzi, la seconda metà del secolo decim'ottavo segna l'età di massimo fulgore della musica d'arte della civiltà occidentale, identificata nella cosiddetta «Wiener Klassik» di che sono effigie Mozart e Haydn. Da pochi anni sono scomparsi Bach e Händel, e quando Kant trascorre a miglior vita, Beethoven conta trentaquattr'anni, avendo già commessi all'eternità la Sinfonia "Eroica", le prime Sonate per pianoforte ed i primi tre Concerti per pianoforte ed orchestra, a tacer d'altro. Ma al professore di Köningsberg, ancorché attorniato da vette incommensurabili, la musica non torna grata. Non ci si stupisca oltre modo: innumeri genî sono apparsi freddi ed insensibili di fronte alle sottili seduzioni di quest'arte elusiva: e fra i filosofi ci si limiti a rammentare Benedetto Croce (stonato peraltro come una campana). Occorre attendere il primo Ottocento per assistere alla vendetta d'Euterpe: per vedere la musica erta dai pensatori dell'«Idealismo classico» tedesco, sovr'a tutti da Schelling, ad espressione sensibile dell'Assoluto, ossia, a sublime manifestazione (od emanazione) del principio primo (il logos hegeliano) sulla faccia della terra. Ma perché al tetragono maître-à-penser la musica non va proprio giú? Dopo averle conferito un decorosissimo secondo posto nella graduatoria delle arti - in pool position la poesia, la quale tratterebbe un libero giuoco dell'imaginazione come affare dell'intelletto - Kant asserisce che i suoni ci recano piú godimento che cultura giacché dànno robuste impressioni senza concetto. In altri termini, essa «gioca puramente con le sensazioni». A nostro sommesso avviso, non è tuttavia l'assenza di concetti che ha resa invisa assai la musica al Nostro. Ciò che il Nostro non le perdona è d'essere un'arte bullesca, caciarona, incomodante: un'arte della soperchieria, che ti fastidia se te ne stai beato nei reconditi pensamenti: che ti sfila di sotto la sedia al desco dei concetti: che inonda e allaga insomma la tua privacy. Pensa te - osserva l'Emanuele - quanto una pittura del Mengs, una scultura del Canova, una pagina di Rousseau sono piú creanzate: espressioni emblematiche della discrezione: piú discrete d'una litote. Basta abbassar le palpebre, et voilà qui est fait, sono svanite.

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