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Petrarca: «Laura sono io»

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Il «Canzoniere» nei Meridiani a 700 anni dalla nascita del poeta

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Questo settecentenario - per tornare a Petrarca - è iniziato bene ed è giusto che sia così: è da qualche giorno in libreria un Meridiano corposo di Mondadori che contiene il «Canzoniere» del poeta aretino, a cura di Marco Santagata, mentre fra breve apparirà un secondo tomo curato da Vinicio Pacca e Laura Paolino, con «I trionfi», le «Rime extravaganti», e il codice degli abbozzi. Eccoci dunque a colloquio con Marco Santagata, il maggior esperto di cose petrarchesche, cui si deve questa nuova edizione aggiornata, l'introduzione, la cronologia, l'indice delle opere citate, e infine il «Canzoniere», cui Petrarca dette il più modesto titolo di «Rerum vulgarium fragmenta», forse con malcelata umiltà. Una domanda tecnica prima di tutto: quali novità presenta questa edizione 2004 del Canzoniere nei confronti delle precedenti? «L'impostazione è la stessa, naturalmente, perché qui si tratta di un aggiornamento, tuttavia corposo, perché, dai sette otto anni che sono passati, la bibliografia intorno a Petrarca è cresciuta moltissimo. Diciamo che sono circa quattrocento nuovi numeri di bibliografia da me consultati, e da tutto questo lavoro è uscito un aggiornamento delle note e dei cappelli più ricco, rispetto al precedente, di rimandi ad altri testi e anche di informazione di vario tipo, di carattere storico o filologico. Insomma una revisione della parte propriamente di commento e una forte integrazione dei rimandi bibliografici». Addentriamoci allora nel territorio della poesia petrarchesca. Cosa ha significato nella vicenda della poesia italiana postdantesca questo incontro tra riflessione e forma? Mi riferisco all'intervento dei suoni che accompagnano il pensiero, suono come esplicitazione della poesia. «È stata una vera e propria rivoluzione. O meglio una controrivoluzione. Prendiamo Dante come punto di riferimento. La rivoluzione è consistita nel fatto che Petrarca ha immesso nella tradizione lirica una forte componente di tipo etico-morale, voglio dire una componente etico-cristiana. La lezione dell'agostinismo ha prodotto uno spostamento del punto di vista, per cui il soggetto della poesia, il vero soggetto, è diventato colui che sta scrivendo: una interiorizzazione che prima non era concepibile. Di fatto, Petrarca parlando di Laura parla anche di se stesso. Sta compiendo un profondo scavo interiore». Ecco, proprio su Laura volevo fermarmi, riferendomi soprattutto a «Chiare fresche e dolci acque»... Si può individuare una sollecitazione dei sensi nel dettato poetico nei confronti dell'oggetto del desiderio? «Sicuramente. E altrettanto certamente in quei tempi c'era l'abitudine di bagnarsi nei fiumi, in acque non proprio limpide e trasparenti. Quindi la scena può esser stata reale. Certo, la donna amata può identificarsi nel nome, per via etimologica, con il lauro, e quindi, attraverso il mitico racconto, con Dafne fuggente. Al centro dell'immaginario petrarchesco c'è quindi un mito di frustrazione. Il sonetto introduttivo, "Voi ch'ascoltate..." che introduce una storia d'amore, solo una volta cita questa parola, al verso sette. Inoltre quel sonetto ottiene il duplice scopo di concentrare il discorso sull'io dello scrivente, presentato come unico e vero protagonista della storia, e impedisce che il passato, da cui prende le distante

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