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Addio a Verde Col Dadaumpa lanciò le Kessler

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Da Fellini a Maccari, da Flaiano a Marchesi, a centinaia sono passati per quella testata, destinata a creare una breccia fra i giovani scrittori in cerca di libertà espressiva. Dino Verde, napoletano, vi approdò nel 1943, quando si rese conto che la carriera militare non faceva per lui. Al 1948 risale il suo debutto nella rivista, grazie ad una collaborazione con Mario Riva e Riccardo Billi; mentre l'anno dopo inizia a collaborare alla radio con «Briscola» rubrica di grande successo con Silvio Gigli e Carlo Croccolo. Negli anni Cinquanta firma lavori teatrali per Wanda Osiris, Nino Taranto, Billi e Riva, Delia Scala e tanti altri, intensificando il suo rapporto con la radio grazie a rubriche storiche come «Rosso e nero», «Gran gala» fino ai dieci anni di «Gran varietà». Sornione, riflessivo, puntigliosamente scaramantico, Verde, dopo i primi successi, non si distaccò dalla formula del superlativo assoluto, firmando importanti successi per radio, Tv e teatro come «Urgentissimo», «A.A.A. Affaronissimo», «Scanzonatissimo», «Settantottissimo», «Canzonissima». Attivo anche come sceneggiatore cinematografico («Mariti in città», «Carmela è una bambola», «Caporale di giornata», «Le cameriere», «Il corazziere», «Genitori in blue-jeans»), venne tacciato di superficialità negli anni Settanta, con l'arrivo di testi più impegnati. Ma la forza della sua ironia era la stringatezza, una comicità "basic" che raramente falliva. Dino Verde ha firmato anche numerosissime canzoni di successo, vantando un creativo rapporto con Domenico Modugno, con il quale scrisse «Resta cu mme» nel 1957 e, «Piove» (vincitrice a Sanremo nel 1959). Altre sue canzoni di qualità: «Che m'è 'mparato a fa» (Sophia Loren), «Romantica», altra vittoria a Sanremo nel 1960 (Tony Dallara e Renato Rascel), «Il ballo del mattone» (Rita Pavone), «Pollo e champagne», «Dadaumpa» (Alice e Ellen Kessler), «La mia bambina» e «Roma» (Henry Salvador) e «Lady Luna» (Miranda Martino e Jimmy Fontana), il primo testo presentato al Festival di Sanremo (1961) contenente una parola straniera. Godibile e prolifico, perennemente rilassato e in grado di cavare ironia e sfottò dalle situazioni più imprevedibili, Dino Verde, ingiustamente emarginato negli ultimi anni, riuscì in qualche modo a trasmettere la sua creativa indolenza al figlio Gustavo (con il quale lavorò in tandem nel varietà radiofonico «Che domenica ragazzi») oggi affermato autore.

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