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di ENRICO CAVALLOTTI HABEMUS Bruno Cagli nuovo soprintendente-presidente dell'Accademia ...

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Il prof. Cagli ha ottenuto 31 voti sui 59 Accademici che hanno espresso ieri mattina la loro preferenza (63 gli aventi diritto). Nove voti sono andati all'attuale vicepresidente, il pianista Sergio Perticaroli, 8 al grande violista Bruno Giuranna, 4 all'illustre musicologo Roman Vlad (7 schede bianche). Alle molte felicitazioni delle autorità cittadine (non escluso il sindaco Veltroni) s'aggiungano i nostri auguri: ad un personaggio del mondo musicale italiano che sempre s'è contraddistinto per ponderatezza di scelte e cautela di comportamenti. Assai oneroso sarà suo lavoro inteso a «far crescere - parole sue - l'Accademia ceciliana in tutti i suoi comparti: coro, orchestra e strumentisti». In vero, l'opinione pubblica musicale sollecita Cagli, in quanto Presidente della prestigiosa Istituzione, ad una decisa quanto doverosa rivitalizzazione di un organismo artistico che negli ultimi anni, ed in specie nei mesi recenti, ha patito un sensibile ed inquietante offuscamento della propria immagine. Le stagioni concertistiche di Santa Cecilia hanno perduto, a giudizio di critica e di pubblico, lo smalto d'un tempo: quelle stagioni che ingeneravano forti aspettative; che inducevano gli abbonati a non cedere l'abbonamento se non ai proprî figli o parenti del cuore; che provocavano file interminabili al botteghino; che s'identificavano in una sòrta di défilés di fulgidi interpreti. S'è tenuta per buona soluzione la cancellazione dei concerti della domenica: errore fragoroso. S'è creduto di foraggiare la platea ceciliana con caterve d'opere contemporanee dal dubbio o nullo valore: altro errore, ancor piú deleterio. S'è pensato d'aumentare le proposte musicali e pseudo-musicali della storica Accademia con la musica di consumo: talvolta triviale: errore imperdonabile. S'è opinato che un consulente artistico calato da oltralpe per fiancheggiare o manovrare l'attività artistica del soprintendente apportasse rinnovata linfa alle idee di Santa Cecilia, mentre risulterà, detta presenza, un'ingiuria all'autonomia ceciliana, e semmai un cavallo di troia ad incuneare nell'Accademia presenze estranee: foriere d'una ferale politicizzazione. A tal proposito non ci paiono punto chiare le parole di Cagli dopo la nomina: «Da soli non possiamo farcela a far crescere l'Accademia: le collaborazioni, soprattutto con il Comune di Roma sono importanti, fondamentali». I tempi saranno pur mutati rispetto a quando S. Cecilia brillava di perfetta autonomia. Oggidí non è forse piú possibile per ragioni economiche, d'accordo, ma neppure dovrà accadere che da Cagli si consenta a che l'Istituzione sia influenzata negli indirizzi culturali ed artistici da realtà al tutto estranee non già all'arte ed alla musica in generale ma all'aristocrazia spirituale ed al primato internazionale di un'Istituzione che guarda alle piú profonde espressioni del linguaggio dei suoni. È nei nostri voti che Cagli ne sia assolutamente conscio.

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